Enrico Florentino
22 Aprile 2019

#030 – Il Manager di Rete e la generazione di valore: la sfida nella sfida – di Enrico Florentino

Il manager di rete, figura ancora necessaria o destinata all'estinzione?

Che tipo di impatto avranno le disruption rappresentate dalla tecnologia, la MIFID2 e la consulenza a parcella sul presente e il futuro del ruolo manageriale all'interno delle reti di consulenza finanziaria?

A quali competenze dovrebbe mettere mano il manager per poter evolvere da manager 1.0 a manager 4.0?

Scopri gli argomenti dell'episodio:

Il libro di Henry Mintzberg (3:50)
3 disruption (9:30)
La carenza di leadership (19:00)
Il lavoro manageriale (24:00)

Ciao e grazie per aver deciso quest’oggi di stare in mia compagnia ascoltando la puntata numero 30 dell’IMPRENDIPROMOTORE PODCAST. Io sono Enrico Florentino e voglio aiutarti a migliorare la tua impresa di consulenza finanziaria.

Prima di cominciare questo episodio, prenditi un momento per iscriverti a questo podcast e, se ti va, lascia una recensione.

Qui trovi la trascrizione integrale del Podcast.

Mai come nel mondo delle reti di consulenza finanziaria la figura manageriale è sempre stata percepita con luci ed ombre.

Figura necessaria ed essenziale per il buon funzionamento delle reti, il manager sta vivendo una fortissima crisi di identità.

Il ruolo manageriale se da un lato è stato di fondamentale importanza nello sviluppo del settore della consulenza, dall’altro sembra far sempre più fatica ad aggiornare il proprio “software” in modo tale da poter affrontare tutte le sfide che il settore sta vivendo.

Cercheremo di fare un identikit del manager 1.0, quello che negli ultimi 30 anni ha svolto un ruolo importante e fondamentale per le reti e che ha contribuito insieme ai consulenti finanziari a creare spazio e a farsi spazio nel settore, sul mercato.

Fino ad arrivare a disegnare il profilo di quello che potrebbe essere il manager 4.0, un manager moderno a passo con i tempi ma soprattutto un manager con la consapevolezza di poter generare valore per i propri coordinati, arrivando a diventare una sorta di consulente d’impresa delle piccole-micro imprese rappresentate dai consulenti finanziari.

Il libro di Henry Mintzberg (3:50)

Uno dei libri più importanti in ambito manageriale è il libro il cui autore è Henry Mintzberg che è stato uno dei più importanti studiosi dei fatti manageriali, della figura manageriale, insieme a Peter Drucker, il suo libro è “La natura del lavoro manageriale” che uscì nel ’75 ma poi c’è stata un’ulteriore versione aggiornata uscita non tanto tempo fa.

Proprio nel libro di Mintzberg viene fatto riferimento ad una ricerca, che peraltro nonostante risalga ai primi anni ’70 è straordinariamente attuale.

Venne fatta a circa 160 tra top e middle manager e cercarono attraverso questa ricerca di andare a delineare quello che era il lavoro quotidiano del manager.

Una serie di cose che sono emerse, che ti riporto per come sono scritte all’interno del libro, sono che il manager sembra che tragga del profitto dalle interruzioni e da tutte le questioni che è chiamato a risolvere in meno di 10 minuti, sembra proprio che anche se possa capitare di avere addirittura una cinquantina di progetti in ballo sembra che poi riesca a realizzarli tutti appunto grazie ad un potente strumento come quello della delega.

Cerca magari molto spesso di discuterli tutti in una volta, effettuando un controllo periodico di ciascuno prima di rimetterli in orbita e di fare in modo che questi possano essere ulteriormente implementati.

Per altro poi chi si occupa di fare l’Esecutive manager, buona parte delle figure manageriali che compongono le reti di consulenza finanziaria, la costanza di chiamate telefoniche, di corrispondenza, in questo caso le email sembra essere proprio un qualcosa che accumunava al tempo ma che accomuna ancora oggi il ruolo manageriale.

In questa sorta di incessante continuità di interruzioni: telefonate, email, sollecitazioni da parte delle persone che vengono coordinate… il manager comincia la mattina e termina la sera.

L’altro elemento che mi ha molto colpito di questa ricerca che viene appunto riportata del libro di Mintzberg “La natura del lavoro manageriale” è che tra questi 160 top e middle manager risultava che il lavoro effettivamente svolto senza interruzioni assommava appena ad 1 ora e mezza ogni 2 giorni.

Questo è significativo di come questa figura sia una sorta di figura di raccordo e di cuscinetto tra le tante istanze dei vari stakeholders, dei vari portatori di interesse che girano intorno a questa figura molto importante.

Una cosa è certa se c’è un lavoro così frastagliato, fortemente interrotto, fatto di costanti stop and go proprio perché sollecitati da tante cose che capitano sul tavolo del manager, è significativo di come la pressione anche lavorativa e l’eccessiva mole di lavoro determinata anche dalla forte mole di interruzioni e dalla necessità di poter rispondere in tempi molto brevi agli stimoli, proprio perché si preferisce farlo quasi in una sorta di volontà “ok è fatta questa cosa, andiamo avanti”, pone la figura manageriale come una figura fondamentale nella vita aziendale.

Sono molte le esperienze negli ultimi 30 anni di strutture, le più differenti a più livelli per ciò che concerne le figure manageriali, ma anche tra l’altro reti che sembrava che la figura manageriale fosse assolutamente superflua, tranne poi invece rendersi conto che è necessaria, perché una struttura ultra-piatta alla fine rischia appunto di non essere così efficace ed efficiente come per altro una figura piramidale di converso.

3 disruption (9:30)

Come ti dicevo, oltre alla quotidianità, la figura manageriale oggi è fortemente messa in discussione e sotto pressione da tre disruption, da tre elementi, da tre distruzioni creative, se possiamo definire così il termine disruption che possono essere rappresentata da:

– Tecnologia;

– MIFID2;

– Quello che sarà il probabile scenario a cui arriverà il settore in maniera, io ritengo con una velocità abbastanza sostenuta, alla consulenza a parcella o a percorsi di consulenza indipendente da parte degli stessi consulenti finanziari.

Queste 3 disruption è evidente che pongono in forte discussione anche la figura manageriale.

Tramite la disruption della Tecnologia viene messa fortemente in discussione quello che era di fatto un ruolo che negli ultimi 30 anni ha rivestito il manager, cioè il ruolo informativo.

Oggi il consulente finanziario risulta spesso essere molto più informato e più competente su determinati argomenti rispetto allo stesso manager, ma non per cattiva volontà del manager, ci sono infatti buoni e ottimi manager, sufficienti e insufficienti, come del resto avviene per i consulenti finanziari, perché abbiamo a che fare con la natura dell’essere umano fondamentalmente.

Nel momento in cui, prima il manager poteva essere un veicolo informativo tra l’azienda e la rete e viceversa, oggi il tema della tecnologia ha impoverito tantissimo quello che può essere il ruolo inteso come portatore di informazioni. Qui c’è già una criticità che il manager 4.0, del presente e del futuro, dovrà fare i conti.

La seconda disruption è il tema della Mifid 2, che sta già mettendo in discussione il tema dell’asimmetria informativa, tra il settore, l’industria e il mercato, con una inevitabile riduzione e compressione dei margini che si riverbererà anche necessariamente per ciò che concerne la figura manageriale.

La tendenza di alcune reti e proprio quella di arrivare sempre di più a ridefinire i cosiddetti economics delle figure manageriali riconducendo la figura manageriale a tendere più ad una sorta di quadro direttivo come siamo abituati a vederlo nel modello di banca tradizionale rispetto al modello a ricavi variabili mutuato dal modello più semplice del consulente finanziario.

Il consulente finanziario si troverà sempre più spesso a ragionare con i clienti su come essere remunerato per il servizio che offre di consulenza.

Qui, credo di non anticipare nulla di nuovo se nonché il settore andrà sempre di più verso logiche di consulenza a parcella che porteranno il cliente ad identificare la figura di consulente finanziario come il vero percettore della parte economica dei costi nella consulenza della parcella.

Questa parcella porterà a far sì che il manager da questo punto di vista rischi di non avere più quelli che potevano essere i vantaggi da una dinamica di ricavi variabile derivanti dal collocamento dell’offerta di prodotti.

La consulenza a parcella è di fatto la remunerazione per ciò che la persona fa per il cliente non per ciò che offre.

Spesso e volentieri quando mi riferisco a ciò che viene offerto è chiaro che viene offerto qualcosa che è legato più al tema del prodotto. In questo caso, con prodotto vado ad intendere tutti quelli che possono essere gli strumenti finanziari.

La figura manageriale ha a che fare con una serie di portatori di interessi intorno ad essa.

Tra i primi la società mandante che non dimentichiamo, in un ipotetico business model è colei che paga il manager per il proprio lavoro, esattamente come è la stessa che paga il consulente finanziario per il proprio lavoro.

Poi, che il consulente finanziario abbia dei clienti, che direttamente sono suoi clienti, non dimentichiamo che i clienti del consulente pagano la società mandante che storna una parte dei ricavi, ciò vale anche per la figura manageriale.

Immaginando, quindi, quelli che possono essere i portatori di interesse i cosiddetti stakeholders che ruotano attorno alla figura manageriale, all’impresa del manager di consulenza, oltre la società mandante avremo anche i coordinati.

I coordinati sono le persone che la figura manageriale va poi a coordinare, che coordina appunto per cercare di raggiungere gli obiettivi commerciali che vengono fissati periodicamente.

Poi ci sono i propri clienti perché non è detto che necessariamente il manager faccia il manager a tempo pieno, nel senso che dipende anche dalle logiche e dalle dimensioni del gruppo che coordina, ad esempio in molte reti esiste la coesistenza tra il ruolo manageriale che è considerato accessorio e il vero e proprio ruolo di consulente finanziario.

Oltre ai propri clienti esistono anche i clienti dei propri coordinati, ovvero i clienti dei clienti interni.

Mi riferisco in particolar modo alle casistiche tipiche dove il manager è chiamato anche a svolgere il proprio ruolo di relazione nei confronti dei clienti dei propri coordinati, specialmente in due occasioni:

Criticità commerciali: ad esempio la necessità di intervenire per risolvere problemi, magari sorti tra il consulente e il cliente, piuttosto che eventualmente (qui la parte più positiva del ruolo), intervenire per poter favorire o addirittura concretizzare delle vere e proprie opportunità commerciali con la clientela.

Andando ad analizzare quelli che possono essere i portatori di interessi possiamo notare fin da subito che la figura manageriale presenta una indubbia complessità. Un’indubbia complessità che cerca di muoversi dovendo tener conto di tutti i portatori di interessi che spesso e volentieri come accade per tutte le aziende che hanno anche interessi contrapposti.

La carenza di leadership (19:00)

Un altro elemento che mi sento di evidenziare è che debbo rilevare con dispiacere è che c’è una forte carenza di leadership.

Mi sono chiesto perché ci sia una forte carenza di leadership da parte della struttura manageriale, ovviamente quando faccio questo tipo di riflessioni, sono riflessioni generali con tutti i limiti che le generalizzazioni possono avere.

Ho cercato di dare una serie di risposte sui motivi per cui c’è questa sorta di carenza di leadership.

La cosa che più balza all’occhio per alcuni manager è sicuramente il mancato adeguamento da parte loro di quelle che sono le competenze necessarie a poter completare e ricoprire il ruolo in una maniera moderna, nuova.

Sembra quasi che alla stessa stregua molto spesso una parte di consulenti finanziari si culli nella propria area di comfort aspettando che arrivi eventualmente il diluvio per potersi muovere, altrettanto accade per una parte minoritaria dei manager.

L’altra cosa che non è attribuibile ai singoli ma c’è un tema di attenzione che le mandanti hanno nei confronti del ruolo, è devo dire che l’attenzione non è particolarmente prodiga di energie di investimenti.

Solitamente il manager viene nominato in una sorte di maniera cavalleresca, “Bene da oggi in poi tu sarai manager.”

Da lì in poi però viene lasciato solo nello sperimentare e talune volte nello sbagliare e alcune altre volte trovare in altre figure di mentori, penso ad esempio al proprio superiore qualora siamo in presenza di una figura manageriale di middle management, il proprio superiore come esempio con tutti i pro e i contro della cosa.

Se si ha la fortuna di avere un proprio superiore in gamba tanto meglio, ma se si ha la sfortuna di avere una persona che non è particolarmente abile o capace c’è il rischio che la figura manageriale che si è avviata da poco all’attività magari percepisca il poco valore che gli viene trasmesso, ma soprattutto c’è il rischio che prenda molti dei difetti della persona cui fa riferimento facendo in modo poi che questi difetti emergano portando la persona a performare ancora meno.

Dove c’è formazione, a livello manageriale, è molto incidentale, estemporanea, che sembra quasi andare in contro ad esigenze di breve, di urgenza più che di una vera e propria strategia fatta ad hoc di percorso di formazione dove vengono sviluppate tutta una serie di competenze per poter svolgere al meglio il ruolo manageriale.

Allo stesso modo una cosa che sto notando è una forte crisi della vocazione manageriale.

Una forte crisi della vocazione manageriale che è dettata dall’impressionante velocità a cui il settore sta andando, più c’è velocità più la pressione commerciale aumenta, più probabilmente il consulente finanziario che ha un proprio portafoglio ed a cui potrebbe venire offerta l’opportunità di poter ricoprire un ruolo manageriale è bene che starà costantemente a farsi una domanda: “Ne vale la pena o non ne vale la pena? Dov’è il punto di rottura oltre il quale non valga la pena ricoprire il ruolo manageriale, perché ad un certo punto le pressioni manageriali sono molto più elevate di quanto non possano essere in definitiva le opportunità e le soddisfazioni anche.”

Il lavoro manageriale (24:00)

Tornando a Mintzberg e al suo libro la cosa che mi ha colpito è di come lui concepisca il lavoro manageriale, suddividendolo di fatto in 10 punti che però ciascuno di questi ultimi fa riferimento ad un’area.

Mintzberg dice che ci sono essenzialmente 3 aree all’interno delle quali il manager opera ma soprattutto possono rappresentare anche il ruolo manageriale.

  • Sfera Interpersonale;
  • Sfera Informativa;
  • Sfera Decisionale.

Questi 10 punti che si suddividono in queste 3 aree sono molto interessanti da analizzare perché possono essere una cartina tornasole, una sorta di mappa per il manager, per poter incominciare a fare una sorta di inventario, per cercare di capire per ciascuno di questi punti se le sue competenze sono ad un buon livello, sono ad un livello discreto, sufficiente o insufficiente e a quel punto cercare di metterci mano.

Nella sfera interpersonale la prima definizione per quel che riguarda l’attività manageriale è quella di figura rappresentativa, formale, ufficiale, all’interno e all’esterno dell’azienda.

Ripensandoci ogni qual volta un manager si trova ad essere un manager del territorio, in quel momento di fatto è colui il quale ufficialmente rappresenta all’esterno l’azienda, ma nel contempo è colui il quale rappresenta l’azienda all’interno del proprio gruppo.

Secondo elemento è un leader che guida, che addestra e stimola i collaboratori e qui altra implicazione, addestrare e stimolare i collaboratori presuppone un’autorevolezza che deriva dalla preparazione.

La preparazione e il miglioramento delle competenze sono delle cose che ritengo imprescindibili. Infine per ciò che concerne la sfera interpersonale, il terzo punto, la figura manageriale è di collegamento con tutte le unità che rappresentano l’azienda.

Di fatto pensando al manager di rete è esattamente così. Grazie al management si riesce di fatto a dirigere molto meglio quello che potrebbe essere il traffico di richieste di risoluzioni problemi oppure di deroghe o di situazioni che permettono di cogliere delle opportunità commerciali che diversamente senza i manager rischierebbero di portare la stessa società mandante di fatto nel caos.

Il lavoro manageriale per ciò che concerne la sfera informativa si esplicita attraverso una sorta di sorveglianza, di controllo molto attento di ciò che va succedendo, tra l’altro il sorvegliare, il controllare ciò che accade vale in ambedue le direzioni sia manager verso mandante sia manager verso consulenti e suoi coordinati.

Altra cosa molto importante è il disseminatore che trasmette le informazioni essenziali ai propri dipendenti come cita Mintzberg, nel caso specifico del manager di rete dei propri coordinati.

Il terzo elemento di questa sfera, è il portavoce della propria unità, anche il manager esercita una propria leadership all’interno del gruppo che coordina.

L’ultimo gruppo legato appunto alle caratteristiche del lavoro manageriale che riguardano la sfera decisionale ecco che abbiamo il fatto di essere imprenditore che cerca di migliorare la propria unità, la propria impresa.

L’impresa del manager è rappresentata dall’insieme delle tante imprese che compongono la sua unità.

Mi verrebbe da pensare che la figura manageriale è una sorta di amministratore delegato di una holding più o meno grande che cerca di portare a ricavi, a margini e ad obiettivi.

L’altro è gestire i fattori di disturbo in modo tale da poter strutturare quelle che possono essere le migliori reazioni agli eventi imprevisti.

Questo è un altro tema importante a livello manageriale, questo potrebbe presuppore lo standardizzare di determinate procedure proprio per evitare che gli imprevisti legati ad una mancanza di processi/procedure possano di fatto drenare molte energie e di fatto far perdere tempo al manager ma anche al gruppo che coordina.

La nona caratteristica è allocatore di risorse in particolare umane alle attività progetti, questo è un altro tema interessante, voglio sempre pensare che il manager 4.0 conosciute le competenze specifiche, i punti di forza del proprio team possa anche destinare alcune risorse piuttosto che altre ad affrontare alcune opportunità commerciali proprio per le competenze specifiche degli stessi.

Cercando quindi di dirigere il traffico delle opportunità all’interno del team.

Ultimo ma non ultimo è la capacità di negoziare con il personale, con i clienti, con tutti gli stakeholders che ruotano intorno appunto all’azienda.

Mintzberg procede dicendo che cosa dovrebbe fare il manager e di fatto individua 5 punti.

Quindi, riepilogando dai 10 punti elencati, ovvero quali sono le caratteristiche del lavoro manageriale, tre sfere (interpersonale, informativa, decisionale) e i punti che ti ho elencato, se già qui sei in grado di fare un inventario attraverso le attività di ciò di cui hai bisogno o di che avresti bisogno nel rafforzare la tua capacità di condurre questa attività, professione, dall’altro lato Mintzberg racconta che ci sono 5 attività che il manager dovrebbe fare e che gli consentirebbero di performare molto meglio.

La prima è il tema della pianificazione, ovvero sviluppare in maniera meditata e quindi con grande riflessione tutte quelle che possono essere delle intenzioni che arrivano chiaramente prima delle azioni.

Quindi cercare in qualche modo di riflettere prima che di agire, perché questo può dare un vantaggio competitivo importante.

Cercare anche di pianificare e di mettere a punto tutti quelli che possono essere gli stratagemmi per contrastare le minacce che si presentano.

Il terzo punto è il pattern ovvero il percorso. Nel momento in cui intraprendiamo questa strada, c’è un tema di coerenza di comportamento nel tempo.

Al quarto punto troviamo il tema della posizione, ovvero farsi costantemente delle domande su come posizionare al meglio il proprio gruppo sul mercato e soprattutto nell’ambiente.

Ed alla fine il tema della prospettiva interrogandosi sulla mission e sulla vision. Partire con i propri coordinati dai valori vuol dire mettersi nella condizione di poter condividere un tavolo comune di intesa per muoversi in armonia.

Una cosa è certa, sempre di più il settore sta cercando di andare nel certificare delle competenze tecniche.

È vero che le competenze tecniche sono le uniche misurabili, ma è vero anche che queste competenze vengono date per scontate dal mercato.

In realtà è necessario immaginare che le competenze da sviluppare siano quelle relazionali ed organizzative.

La figura manageriale 4.0 deve necessariamente essere una figura manageriale completamente differente da come si è sviluppata e da come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 30 anni.

Il manager è chiamato anche a un forte esercizio di leadership sulle proprie competenze proprio per poter garantire a questo ruolo e a sé stessi un futuro che sarà, a mio modo di vedere ed è inutile nasconderlo, più impegnativo, più incerto ma anche più ricco di soddisfazioni.

Nel momento in cui il manager assumerà i panni del consulente aziendale dei propri consulenti, per questo tipo di figura ci sarà sempre molto lavoro.

 

Enrico Florentino

 

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