Enrico Florentino
20 Maggio 2019

#034 – Il Consulente finanziario che verrà – intervista a Nicola Ronchetti

Oggi vogliamo fare il punto su quello che è lo stato dell’arte della professione e come sarà il consulente finanziario che verrà con un ospite che studia ormai da molto tempo il mondo della consulenza finanziaria e lo fa attraverso uno strumento fondamentale quale la ricerca e l'analisi di mercato.

Scopri gli argomenti dell'episodio:

Finer (4:20)
Tecnologia e ricerca (7:15)
La consulenza finanziaria (12:30)
MIFID2 (24:20)
Le ricerche (30:00)
Il futuro della consulenza finanziaria (43:00)

Ciao e grazie per aver deciso quest’oggi di stare in mia compagnia ascoltando la puntata numero 34 dell’IMPRENDIPROMOTORE PODCAST. Io sono Enrico Florentino e voglio aiutarti a migliorare la tua impresa di consulenza finanziaria.

Prima di cominciare questo episodio, prenditi un momento per iscriverti a questo podcast e, se ti va, lascia una recensione.

Il mondo della consulenza finanziaria sta incontrando nuove sfide: MIFID2, FinTech, Intelligenza Artificiale, nuovi player che si affacciano sul mercato.

L’ospite di oggi è Nicola Ronchetti, fondatore e amministratore delegato di Finer, il primo think tank italiano con sede a Milano e Londra che coniuga ricerche di mercato in ambito finanziario ed economico con una particolare attenzione al capitale umano e con un collegamento al mondo accademico.

Ronchetti: Grazie dell’invito e perché tu, oltre ad essere un docente, hai messo in pratica i principi dell’imprenditorialità. Sono due cose molto belle, ti vedo e ti leggo, ti vedo fisicamente ai convegni e ti leggo su Linkedin. Ho letto il tuo libro e ti faccio i miei complimenti.

Anch’io sono un imprenditore un po’ tardivo perché all’alba dei 55 anni ho realizzato il mio sogno, ho creato la mia società, la mia azienda, ho fatto della mia passione il mio lavoro.

Ho portato la mia esperienza, sono un grande ascoltatore, noi ricercatori tipicamente facciamo domande e questa volta mi trovo in imbarazzo a dare delle risposte.

Florentino: Ti ringrazio veramente moltissimo e sono convinto che da questa puntata i consulenti finanziari che sono in ascolto e che sono affezionati all’Imprendipromotore Podcast potranno sicuramente ricavare molte suggestioni e molti stimoli.

Finer (4:20)

Proprio perché hai deciso di diventare imprenditore anche tu, facendo anche una scelta radicale, mi farebbe molto piacere che prima di cominciare a chiederti molte cose legate al tema della consulenza finanziaria, che peraltro tu osservi veramente da una postazione privilegiata, mi piacerebbe che spiegassi ai nostri ascoltatori come nasce Finer e soprattutto cosa fa Finer nello specifico.

Ronchetti: Mi occupo di ricerche di mercato da 30 anni, ho iniziato come tutti i ricercatori di mercato in grandi società e come quasi tutti i ricercatori di mercato si inizia facendo ricerca su largo consumo.

Nel 1992 sono stato folgorato dalla finanza nel senso che all’epoca c’erano i primi fondi comuni di investimento, c’era il mitico Davide Corritore che era amministratore delegato di questi fondi e iniziammo a fare le prime interviste.

Nell’intervistare gli investitori, dovevamo specificare che per fondi intendevamo un fondo comune d’investimento e non un pezzo di terra, questo per dire era il livello!

Alla fine degli anni ’90 ho realizzato la prima ricerca su quelli che erano allora i primi promotori finanziari, che erano una categoria professionale che mi ha sempre affascinato perché mettevano al centro del loro lavoro la loro faccia e la loro personalità.

Devo dire che in quegli anni i promotori finanziari erano abbastanza dileggiati, non erano rispettati, come poi il tempo ha dato ragione. Erano gli anni in cui erano considerati poco più che venditori d’assalto, erano gli anni in cui le banche erano dei “sanctorum”, la storia ha fatto vedere come invece i rapporti oggi si sono ribaltati.

I consulenti finanziari salvano le trimestrali dei grandi gruppi bancari. La notizia è di pochi giorni fa che Unicredit ha ceduto ad una cifra esorbitante, ma che era assolutamente in linea a quel valore di mercato, il pezzo forte che è Fineco.

Ceduto perché ha una valorizzazione molto alta, 17%, credo che sia stato ceduto ad 1 miliardo di euro. Cifre impensabili se penso agli amministratori delegati poco visionari che si vendevano o svendevano alle reti, mi viene in mente BNL investimenti ceduta ad Allianz.

È una storia molto bella, io sono molto appassionato e forse mi sento anch’io un po’ consulente finanziario anche se non faccio pianificazione finanziaria.

Tecnologia e ricerca (7:15)

Florentino: Tutto il tema tecnologico e quindi la possibilità di accedere in modo molto più veloce e rapido ai dati, come ha cambiato anche il modo di fare ricerca e analisi di mercato?

Ronchetti: Il settore della ricerca di mercato è in profonda crisi. Sono scappato da una multinazionale che è in grossissima difficoltà, ha ceduto un ramo d’azienda ad un fondo di private equity, perché il mondo è cambiato e i grandi gruppi multinazionali non hanno gap classici.

Sta succedendo nel mondo delle ricerche di mercato quello che sta succedendo nelle banche, non hanno saputo cogliere in tempo il cambiamento e quindi si sono trovati come competitors, dei competitors non convenzionali come Google, adesso se uno vuole avere delle informazioni su quanti italiani hanno la carta di credito, non c’è bisogno di fare una ricerca, sono informazioni che si trovavano su Google.

Quindi questi grandi gruppi multinazionali hanno lasciato sul terreno molte posizioni, stanno cercando di calcare il digitale ma con grandissimo ritardo, soprattutto proponendo prodotti standardizzati, e quindi non customizzandoli per i clienti.

La domanda che tu mi farai è: “Perché tu hai aperto ora una società?” Posso dire che abbiamo concluso un anno con risultati che vanno molto al di là delle aspettative perché è esattamente come avviene nel mondo del consulente finanziario, il digitale è fondamentale come dicevo, se vuoi informazioni su milioni di italiani, americani, su delle informazioni basic, le trovi gratis su internet o con delle spese minime. Puoi usare i Big Data, su quello poi dovremmo aprire una parentesi perché in pochissimi li sanno usare oggettivamente.

Dall’altro lato c’è un certo tipo di analisi, un certo tipo di ricerche che devono essere fatte ancora con modalità artigianale.

Ti racconto la storia di Finer, noi quando abbiamo aperto Finer che ha nel suo DNA la componente digitale, abbiamo detto: benissimo le nostre interviste, ne facciamo circa 10.000 all’anno tra consulenti finanziari, private bank e gestori bancari, facciamo interviste telefoniche dove si va dalle intervistatrici, si fa il briefing, abbiamo il centro telefonico nel centro di Milano, super efficiente, con i vecchi sistemi.

L’alternativa era quella di fare una community, magari collegata con una app visto che il tasso di risposta e il coinvolgimento di risposta di un consulente finanziario nel rispondere a un questionario che dura magari 20/25 minuti è bassissimo.

Allora è chiaro che la tecnologia è fondamentale, io devo chiedere ad esempio 3 domande prima delle lezioni europee, o prima o dopo una convention, ma se devo andare a chiedere ad un consulente finanziario cosa ne pensa della sua mandante, del suo futuro, del suo lavoro, dei suoi clienti, del rapporto con la gestione del risparmio; devo avere un’expertise di 20-30 anni, questo è il minimo sindacale e devo passare ogni giorno della mia settimana ad ascoltare consulenti finanziari, amministratori delegati di reti, perché ogni giorno questo mercato cambia.

Nessun algoritmo, nessuna intelligenza artificiale, può svolgere il lavoro che facciamo noi, io e i miei colleghi, che è mosso evidentemente da passione.

Io da quando faccio l’imprenditore sono felicissimo, mi sono tolto un po’ di soddisfazioni, però devo anche dire che lavoro molto di più, anche se il lavoro non mi pesa, cioè l’altro ieri ho scritto delle email durante la notte e le tengo in posta in bozze perché non è carino mandarle di notte, poi alle 7 di mattina le invio che è già presto.

Il digitale è fondamentale, questo lo dicono tutti, non dico nulla di nuovo e servirà nel mondo delle reti dei consulenti finanziari, naturalmente per servire: A) quella fascia di clienti che hanno esigenze e portafogli più piccoli. B) Consentirà ai consulenti finanziari più grossi di liberare tempo, invece di passare tempo con le scartoffie, di trovare clienti ed ascoltare.

Questo lo dicono tutti, io lo sto provando nel mio lavoro ma è così in tutti i settori, pensate ad Amazon, pensate a quando compri una commodity, la compri su Amazon, se devi comprare una macchina o una casa non te la compri su Amazon.

La consulenza finanziaria (12:30)

Florentino: Certamente, l’interazione umana è paradossale, più si va verso il digitale più si ha il bisogno di relazionarsi anche con le persone.

Mi farebbe piacere il punto della situazione sul tema della consulenza finanziaria in Italia.

Il tuo osservatorio come dicevo prima è un osservatorio privilegiato. Vogliamo fare un po’ il punto della situazione, qual è il tuo punto di vista sulla professione di consulente finanziario?

Prima quando hai cominciato a parlare di te dicevi di quanto si sono creati dei corsi e ricorsi storici, Unicredit che vende uno dei suoi gioielli di famiglia importanti con una valorizzazione molto rilevante, Fineco, prima invece si parlava di BNL Investimenti ceduta ad Allianz Bank, insomma sembra quasi che ciclicamente le cose ritornino ma in maniera differente, com’è il punto di vista di Nicola Ronchetti sulla consulenza finanziaria?

Ronchetti: In Italia oggi abbiamo 4 milioni e 200 mila clienti di consulenti finanziari. Oggi la quota di risparmio gestito da consulenti finanziari in Italia rappresenta il 15%. Sono numeri importanti, numeri in crescita rispetto a qualche anno fa però se andiamo a vedere la crescita delle masse la correliamo con la crescita del numero dei clienti, scopriamo una cosa abbastanza contro intuitiva che però è la realtà: c’è stata una crescita in termini di quote di mercato, cioè wallet.

Il modello di servizio dei consulenti finanziari per chi li conosce è decisamente superiore a quello delle banche tradizionali e questo è un dato di fatto. Siamo cresciuti del 50%, però c’è un enorme potenziale che diciamo non è servito dai consulenti finanziari. Parte di questo potenziale non potrà secondo me, neanche nel futuro,anche a causa di altri modelli magari nel digitale o con le vendite digitalizzate, essere servito da un consulente finanziario. C’è ancora però del potenziale circa 2 milioni, 2 milioni e mezzo di clienti che se scoprissero i vantaggi e la qualità del servizio del consulente finanziario non starebbero a pensarci neanche 2 minuti.

Questo è un dato di fatto, perché non si cresce così tanto?

Anche qui ci sono dei temi, non dico nulla di nuovo, c’è un tema che i consulenti finanziari ogni anno hanno un anno in più, io continuo a dirlo e non c’è ricambio generazionale anche perché il mondo dei consulenti finanziari è abbastanza chiuso.

Oggi se non hai un portafoglio di alcune decine di milioni di euro è difficile, oggi il portafoglio medio è di 20/25 milioni di euro, una volta il consulente finanziario con 5/10 milioni di euro riusciva tranquillamente a remunerare la sua attività.

C’è quindi una concentrazione sui grossi portafogli, una riduzione dei margini non dovuta certamente a MIFID2 ma dovuta alla conquista del mercato, alla volatilità, al fatto che ci sono più concorrenti.

Tra 20 anni rischiamo che i consulenti finanziari, e ovviamente noi con loro, facciano la fine dei dinosauri.

Da un lato abbiamo un potenziale incredibile, abbiamo dei livelli di soddisfazione dei clienti dei consulenti finanziari che sono il doppio rispetto a quelli di qualsiasi altro referente per gli investimenti.

La mancanza di rigenerazione di questa categoria è in parte ascrivibile agli stessi professionisti, che con tutti i professionisti di alto livello che cercano di proteggere il loro sistema, il loro orticello, questo fa parte dell’uomo, non è che facciamo entrare l’ultimo dei neo-laureati, ma lo facciamo in modo inconscio, la nostra professionalità è la barriera d’ingresso.

Dall’altro ho un dubbio che ci sia anche una responsabilità da parte delle mandanti delle reti, quindi questo è un discorso secondo me anche un po’ spinoso perché non mi devo dimenticare che le banche e le reti sono miei clienti, però è un dato di fatto con qualche eccezione (più nelle reti di consulenti finanziari che tra le banche), i manager che hanno una visione a lungo termine sono pochissimi, per le banche potrei usare una sola mano mentre per le reti due.

Se pensiamo a quante banche ci sono e quante reti ci sono, la logica della trimestrale porta i manager meno impavidi, cioè più timorosi, meno visionari, per non dire qualcuno con interessi a breve termine, cioè portare a casa ogni anno risultati sul conto economico che poi hanno un impatto anche personale che però non hanno una visione a lungo termine.

L’imprenditore ha una visione che non è trimestrale. Ben vengano i manager illuminati, ci sono due esempi che sono estremi ma voglio citarli e tutti capiranno, di una rete di consulenti finanziari che è governata egregiamente, parlano i numeri di borsa, parlano la valorizzazione di un manager che ha una visione, un’intelligenza e ci sono altre reti che hanno uguale successo che sono governate da fondatori; sono di fatto imprenditori che stanno studiando il passaggio generazionale con giovani energie interne o membri della famiglia.

Queste realtà sono realtà che possono avere un futuro, ma dove arriva un manager che sa benissimo che nel giro di 2 o 3 anni può andare in un’altra banca a fare danni, cercherà di ottenere il massimo nei 2 anni.

Sono realtà che purtroppo non avranno vita molto lunga con buona pace di tutti gli azionisti e di tutti gli stakeholders, dipendenti e clienti.

Quindi è un tema veramente importante, credo che i consulenti finanziari rappresentino un baluardo di eccellenza che va salvaguardato, in questo senso per tornare alla tua domanda le reti devono cominciare a pensare, a creare, a inserire nuovi giovani.

Il tema degli studi delle associazioni potrebbe essere una buona soluzione.

Molto spesso i consulenti finanziari che noi intervistiamo ci dicono: “Abbiamo un sacco di manager sopra di noi però poi non ci danno le persone che ci aiutino alla base. Quindi passiamo il sabato e la domenica a fare cose che se un ragazzo le facesse durante il giorno potrebbe toglierci a noi un sacco di burocrazia.”

Florentino: Assolutamente, è quello che accade in tantissime altre professioni dove il praticantato che esisteva peraltro una volta nel mondo dei consulenti finanziari, poi è stato messo da parte. In realtà potrebbe veramente dare l’opportunità di fare avvicinare le nuove professioni ad un mestiere, ad una professione che sono assolutamente interessanti.

Alcuni indicano nella possibilità, che nel settore assicurativo esiste già, di poter conferire mandato anche a società di persone o anche di capitali in questo caso ma d’altro canto, come dicevi tu, la ritrosia e le remore sono legate al tema della disintermediazione, l’altro lato è che, questa forse è una mia generalizzazione, fa più comodo il dividi et impera, il fatto di avere singoli e di non avere persone che una volta che si sono messe insieme potrebbero sviluppare un potenziale che a mio modo di vedere è molto importante.

Infatti, da questo punto di vista credo che qui mi trovi perfettamente d’accordo su quanto dicevi tu, qua dipende dalla visione di chi ti sta sopra, perché se è una visione di medio/lungo periodo penso che non abbia assolutamente difficoltà ad immaginare anche che la società debba prosperare, questo è tipico degli imprenditori, oltre la vita biologica stessa anche dei fondatori.

Proprio perché si ha una visione, ma soprattutto il ruolo sociale di un’impresa che è quello di generare ricchezza per tutti i portatori di interesse che ruotano intorno.

MIFID2 sta togliendo un po’ di opacità e ritengo farà emergere la professionalità di quei consulenti finanziari che più di altri hanno deciso di investire su loro stessi, in termini di competenze organizzative, relazionali, imprenditoriali.

MIFID2 (24:20)

Anche qui vorrei chiederti un’opinione, che tipo di impatto in questo momento stai registrando attraverso le tue ricerche sul settore in relazione al tema MIFID2?

Ronchetti: Partiamo dagli esempi, quando pochi fortunati entrano nel concessionario di Porsche, si comprano una 911 4s, la pagano 150.000€, quando un altrettanto fortunato cliente entra in un ristorante con 3 stelle sapendo che probabilmente pagherà un conto che ammonterà a 250/300 euro a persona, quando un cliente entra in un supermercato e compra un prodotto della Ferrero, che è la prima azienda per reputation in Italia, secondo voi si pone il problema di quanto costa il barattolo di Nutella?

Il tema di MIFID2 è un falso problema nel senso che: se io compro una macchina, una Porsche e la pago 150.000€ e dopo 20km mi si impianta, non comprerò più una macchina, voglio essere rimborsato oppure se compro la Nutella e poi sto male quindi non la compro più; se ho un consulente finanziario a cui do i miei soldi e questi soldi me li fa perdere e scappa con la cassa non lo userò più.

MIFID2 va benissimo per molti motivi, è l’occasione per fare ordine in un mercato ma attenzione anche agli altri settori come i notai, i certificatori che sono molto meno regolati del mondo della consulenza finanziaria.

Ancora una volta il mondo della consulenza finanziaria è tre spanne avanti a molte altre categorie.

MIFID2 mette ordine, è un’occasione. Io ho visto i primi rendiconti MIFID2 ed ho apprezzato molto una rete di cui non faccio nome, che prima di far vedere i costi fa tutta una descrizione di chi è la rete con la banca che hai dato i soldi, chi siamo, il curriculum del tuo consulente finanziario per far capire chi è, chi non è, da dove viene, non è l’ultimo scappato di casa, le certificazioni e la formazione.

Cosa ha fatto per te questo consulente finanziario, cioè il fatto che se il sabato hai bisogno il tuo consulente finanziario ti risponde anche di notte, non è come la banca, queste cose hanno un valore, hanno un prezzo.

È chiaro che ci sarà chi ha la coscienza un po’ più sporca, parlo degli azionisti che in qualche modo si sono più arricchiti, ma questo fa parte di tutti i settori.

Il tema è la qualità dei servizi non dei costi. È chiaro che se io costo tanto e performo male avrò un problema, ma tutti gli altri finanziari non avranno difficoltà.

Dalle ricerche che facciamo da più di 2 anni, alla domanda: “Se i costi fossero superiori alle sue aspettative lascerebbe il consulente finanziario è evidente che uno su due ti dice di sì.”

È evidente che MIFID2 avrà un impatto che dipenderà dalla modalità con cui verrà comunicata la comunicazione ex post, la comunicazione ex ante è andata ora ci sono le prime comunicazioni ex post, diciamo settembre, ottobre le avremo tutte. Io sono più tranquillo rispetto all’inizio, ascoltando i clienti e i consulenti finanziari.

Florentino: Quando mi citavi Porsche ecc… uno degli esempi che porto molto spesso è anche legato al fatto che un professionista credibile e autorevole, preferisca essere definito costoso piuttosto che caro.

Perché costosa è la bottiglia di Don Perignon a 300 euro, cara è la bottiglia di Tavernello a 20 euro. Potremo giudicare se poterci permettere la bottiglia di Don Perignon a 300 euro ma nessuno va a discutere il prezzo di questa bottiglia.

Ronchetti: Su questo esempio, te ne faccio uno, per mangiare pane e salame su un prato quando c’è la festa degli alpini il Tavernello va benissimo. Se devo invece brindare alle quotazioni della mia azienda o al fatto che ho raggiunto il target, berrò Don Perignon. Quindi anche lì, l’esempio che tu hai fatto è perfetto, differenti quotazioni, differenti bisogni, differenti passi.

Le ricerche (30:00)

Florentino: Magari anche differenti interlocutori. Entriamo nel merito delle questioni lato consulente finanziario. Finer, ho dato un’occhiata al vostro sito, ha due servizi di ricerca continuativa sui consulenti finanziari, uno è nominato Explorer e l’altro Top Explorer. Cominciamo da CF Explorer. Quali sono le differenze che emergono a distanza di un anno dalla presenza di MIFID2 ad esempio? Che cosa sta emergendo per quel che riguarda i consulenti finanziari top?

Ronchetti: CF Explorer intercetta quei 25mila consulenti finanziari che rappresentano il consulente finanziario con un portafoglio medio e include anche quelli che hanno portafogli sotto la media. È quella che potremmo definire la parte più importante dal punto di vista numerico. Sono consulenti finanziari che hanno in qualche modo una conoscenza, un expertise, una formazione molto più approfondita, non necessariamente per età.

È chiaro che c’è una fascia di consulenti finanziari più maturi però ci sono anche dei giovani promettenti, sono due mondi diversi.

Le reti per questi due mondi diversi hanno garantito due suite diverse ad esempio cito Mediolanum che ha private banking, Allianz che ha una parte di Private, Azimuth che ha Google Management, Fineco che ha il data banking.

Ogni rete ha all’interno come fossero due aziende, i primi rappresentano la maggior parte delle masse, quindi circa il 70% delle masse, i secondi pur essendo sostanzialmente il 10% rappresentano il 30% delle masse.

Quindi sono anche lì due pubblici di riferimento diversi, se andiamo a vedere le reazioni dei consulenti finanziari, mi riferisco ai dati del 2018, perché per quelli del 2019 le ricerche partiranno a breve, ci dicono sostanzialmente il primo dato, cioè c’è riduzione molto forte del numero di società di gestione con cui vogliono lavorare.

Abbiamo assistito nell’ultima rilevazione ad un abbattimento quasi del 30%, questo è un elemento molto importante perché ha un impatto sulle offerte ai clienti.

Oggi, lo sappiamo benissimo, molte delle società che ho citato si sono fatte delle SGR, chi a Dublino, chi in Lussemburgo, dove i prodotti che solitamente venivano comprati alla carta sono gestiti con rilievi di gestione, cioè la Fiat di turno, la Megan di turno, creano delle SGR, comprano all’ingrosso prodotti di investimento dalle case terze, le più grandi come J.P. Morgan, BlackRock ecc., conferiscono a queste SGR dei mandati in delega, di fatto spizzano i costi e costituiscono dei prodotti che sono “macchiati” col nome del distributore.

Questo al di là del tecnicismo ha un impatto enorme perché il consulente finanziario per sua stessa ammissione dice che non è più in grado di avere picchi in tre fondi.

Nel 2005 avevamo l’80% dei consulenti finanziari che diceva che andava alla carta, cioè si sceglieva il suo prodotto, il fondo XY della casa XY, e il 20% che seguiva le indicazioni della casa.

Oggi i ruoli si sono invertiti, questo significa che la riduzione dei margini, la necessità di offrire consulenza di altissimo livello e la capacità di diversificare, impongono al consulente finanziario di affidarsi di più alla propria mandante nella proposizione di soluzioni di investimento.

Questo cambia radicalmente il ruolo del consulente finanziario che non può più e non deve più fare il piccolo chimico ma deve essere, passami il termine un po’ brutale, quasi uno che frena, che frena il cliente quando vuole entrare nei mercati al massimo e frena il cliente il cliente quando vuole uscire ai minimi.

Siccome è provato statisticamente che non esiste il guru, a parte Warren Buffet ma ce n’è uno e comunque lui applica il principio fondamentale che è la duration, cioè stare sui mercati il più a lungo possibile.

È un tema di finanza comportamentale, ci sono fondi che hanno performato benissimo.

Questo è fondamentale perché vuol dire togliere una funzione negativa, che era positiva quando i mercati erano semplici ma oggi, togliere dalle mani del consulente finanziario le boccette per fare il piccolo chimico e prima di tutto a vantaggio dello stesso consulente e secondo a vantaggio del cliente.

I consulenti finanziari subiscono, per quanto siano più preparati, gli stessi problemi che subiscono i clienti, perché passano la vita con i clienti.

La vera regola è: ovviamente devo avere una mandante che mi eroga prodotti di eccellenza. Lo do per scontato e non sempre è così, questo è un aspetto basilare, è il passaggio dal piccolo chimico al gestore di emozioni e di esperienze.

Il tuo lavoro qualche anno fa probabilmente sarebbe stato un lavoro impensabile, perché oggi si lavora sul tema delle emozioni, della comprensione del cliente.

Il secondo passaggio è il rapporto con la mandante.

È vero che i consulenti finanziari hanno creato tantissimo valore, però bisogna capire quanta parte di questo valore è andata a loro e quanta parte alla mandante.

Poi c’è il tema del digitale, che anche lì come dicevi tu, dal punto di vista della percezione alcuni lo vivono bene, cioè ad esempio sanno benissimo che anche la migliore piattaforma non sarà mai in grado di sostituirli, quindi vivono sereni e tranquilli, altri meno e sono quelli che probabilmente hanno più da perdere, sono quelli che non sono in grado di erogare un servizio e preferiscono andare dal cliente.

Quindi per me stiamo assistendo ad un cambiamento epocale per questi elementi.

Il primo tema è il fatto che non ho più l’accesso ai prodotti e il tema che conterà sempre di più la professionalità è la relazione con il cliente e il terzo è il digitale che prevale in tutti i settori.

Florentino: Molto spesso legata all’emozione c’è l’esperienza che il cliente fa, tant’è vero che ogni anno leggo sempre con grande attenzione i report che KPMG elabora sulla customer experience, dove c’è una corretta relazione tra marginalità ed erogazione di un’esperienza ai clienti di altissimo livello.

La cosa è abbastanza comprensibile perché nel momento in cui tu eroghi un’esperienza di altissimo livello, i clienti percepiscono il valore e fondamentalmente sono anche disposti a pagarlo.

Dal punto di vista del consulente finanziario, quale potrebbe essere secondo te in termini di customer experience la strada da intraprendere?”

Ronchetti: Ti rispondo con un esempio che è capitato a me, mi si è rotto il mio Iphone, cerco di farlo riparare, vado da Mediaword, qualità del servizio che tutti conoscono, cioè grande centro multimarca, me lo ripara, ci metto le mani dentro ma il telefono non funziona, avrei potuto comprare il mio nuovo Iphone, perché sai che costa uguale ovunque, e invece vado in piazza Liberty a Milano dove c’era il Call Center dove vengo accolto da un’assistenza fantastica. Te la faccio breve ero andato a comprare un telefono che “costava 1” e ne ho preso un altro che costava il doppio. Experience fantastica, questo ragazzo bravissimo.

Come può il consulente finanziario trasferire questa experience? Recupero un altro dato molto interessante sulla reputazione. Il reputation institute fa tutti gli anni una ricerca sui marchi e ho visto che al primo posto c’è Ferrari, al secondo posto Ferrero e poi ci sono 150 posizioni, l’ultimo posto è occupato da una banca, il terz’ultimo da Autostrade per l’Italia, purtroppo la tragedia di Genova docet.

La prima banca la troviamo al 110 posto.

Parlando con i capi azienda, con i grandi consulenti finanziari dico: “Ma è possibile che la gestione del denaro che è una delle cose più belle, sia messa così in fondo?” Ricordo come se fosse ieri, 30 anni fa, quando ho contratto il primo mutuo, per me quel giorno lì è stato come il battesimo di mio figlio, il matrimonio, la mia laurea, questo signore mi ha fatto realizzare un sogno, cioè mi ha consentito di comprare la mia casa.

Io mi domando perché non si riesca a parlare di progetti invece che di gestione del denaro.

La vera sfida secondo me, ma è molto difficile, è riuscire a trasferire l’esperienza, trasferire l’esperienza che ognuno di noi ha con il denaro, sia nella gestione per l’individuo che ha 10 milioni di euro, sia per la persona giovane che deve comprarsi la prima casa, trasferirgli un’emozione.

Se si fa questo si diventa tutti dei venditori di Porsche e non dei venditori di ferro.

Se il consulente finanziario riesce a trasferire queste emozioni ha fatto Bingo.

Il futuro della consulenza finanziaria (43:00)

Florentino: Volevo farti un’ultima domanda, per Nicola Ronchetti, quale sarà il consulente finanziario che verrà?

Ronchetti: Sarà un consulente finanziario agèe come me, sopra i 50 anni che ama moltissimo la tecnologica, quindi me lo vedo con l’Apple watch o qualcosa di simile, sempre iper connesso, che riesce a dialogare con tutte le generazioni, che ha fame, “still hungry, still foolish”. Pensiamo a Warren Buffet, deve avere fame anche se ha la pancia piena e deve essere innamorato del cliente e del proprio lavoro e deve avere passione.

Dal punto di vista poi più pratico avrà un portafoglio superiore a quello che ha oggi, penso che ci sarà una concentrazione dei portafoglisti da 25/30 milioni di euro, ovviamente l’entità del portafoglio non dice nulla bisogna capire poi cosa c’è dentro, che serva meno famiglie e che trovi un supporto di una mandante che gli consenta di gestire il figlio, il nipote, di questi loro clienti.

 

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