Enrico Florentino
4 Febbraio 2019

#019 – Le 4 competenze dell’Imprendipromotore – di Enrico Florentino

Quali sono le competenze che più di altre saranno in grado di garantire al consulente finanziario di poter vincere le sfide che il contesto attuale sta proponendo? 

Scopri gli argomenti dell'episodio:

Gli elementi necessari (5:00)
Le competenze imprenditoriali (22:15)
Le competenze attuali e future (30:18)
Come sviluppare queste competenze? (35:50)



Qui trovi la trascrizione integrale del Podcast.
Ciao e grazie per aver deciso quest’oggi di stare in mia compagnia ascoltando la puntata numero 19 dell’IMPRENDIPROMOTORE PODCAST. Io sono Enrico Florentino e voglio aiutarti a migliorare la tua impresa di consulenza finanziaria.

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Lo sviluppo delle competenze nell’essere umano richiede tempo, l’acquisizione di nuove abilità ha un andamento di tipo incrementale.

Ogni giorno è necessario cercare di imparare una cosa nuova che ci consenta di poter metterla a disposizione del nostro sapere he abbiamo accumulato sinora e che ci sta consentendo di poter far emergere e far percepire quella che tipicamente è la nostra esperienza. Ovvero l’insieme delle conoscenze e delle competenze che abbiamo accumulato nel tempo moltiplicato la quantità di situazioni in cui ci siamo trovati professionalmente e anche a livello personale.

Nel caso specifico della professione del consulente finanziario, il recupero di alcune competenze che in altre epoche erano necessarie per poter sopravvivere professionalmente unite a quella che è la cosiddetta execution, cioè la capacità di realizzare quanto si è programmato credo siano probabilmente i due elementi che consentiranno veramente alla consulenza finanziaria ed al consulente finanziario di poter vincere le sfide che in questo momento il contesto sta proponendo alla categoria, al settore.

In questa nuova puntata dell’IMPRENDIPROMOTORE Podcast voglio portarti alla scoperta di quelle che sono le quattro competente essenziali sulle quali dovrai lavorare per poter vincere le sfide che il contesto attuale ti sta proponendo.

Gli elementi necessari (5:00)

Che cosa è necessario fare oggi per poter migliorare il proprio business?

Facciamo prima di tutto un passo indietro cercando di portarci con la macchina del tempo agli inizi della professione di consulente finanziario.

Al tempo, così mi raccontano i colleghi che hanno cominciato negli anni settanta ed ottanta e io li definisco con grande rispetto senatori, prima che vi fosse l’albo e prima che cominciasse questa professione ad essere riconosciuta dal mercato e ad esserlo sempre di più con il trascorrere del tempo, la professione appunto veniva allora definita consulente finanziario.

Poi c’è stata la modifica del nome della cosiddetta job description, il promotore finanziario. E oggi è tornato ad essere definito consulente finanziario.

Se ci portassimo agli anni ottanta scopriremmo che fondamentalmente ciò che veniva più richiesto come competenza all’allora consulente finanziario che avviava la propria professione era sicuramente il tema della capacità di vendita.

Non a caso buona parte delle mandanti spingevano l’acceleratore sul tema dello strutturare i consulenti finanziari e farli diventare delle cinture nere di vendita.

Al tempo c’era il famosissimo metodo Kaeser, importato in Italia da Mario Silvano che è stato uno dei grandi guru della vendita per quel che riguarda il decennio degli anni ottanta e novanta qui in Italia.

La capacità di vendita era essenziale prima di tutto perché la struttura dei prodotti e degli strumenti che erano nella valigetta del consulente finanziario era una struttura molto semplice, nel senso che non c’era la varietà e la disponibilità che oggi il consulente ha disponibile da proporre ai propri clienti.

Di conseguenza era necessario proporre ai clienti uno o al massimo due fondi d’investimento che si avevano a disposizione. Cito Henry Ford relativamente al suo modello T che era solo ed esclusivamente nero: “di qualsiasi colore purché sia nero”.

Effettivamente i consulenti al tempo disponevano di pochissimi strumenti e peraltro erano anche strumenti che prevedevano non l’erogazione della cosiddetta management fee, di cui vi parlerò fra poco, ma di fatto era solo ed esclusivamente una vendita pura fatta con un prodotto che prevedeva esclusivamente delle front fee o delle up-front, comunque delle fee d’ingresso.

È evidente che in un contesto di quel genere la capacità di vendere,

Alcuni consulenti mi raccontano che nel momento in cui si proponeva ad una persona un pack, circa il 60% di quanto veniva versato in prima istanza dal cliente veniva di fatto drenato appunto da queste up-front che andavano a remunerare il consulente e poi la mandate e la struttura manageriale.

Questa è una cosa che presupponeva anche una grandissima capacità di vendita, perché il processo era semplice: ti approcciavi ad un parente o un amico, facevi in modo che si persuadesse ad acquistare da te questo strumento in un contesto che era completamente diverso da quello di oggi, con tassi d’interesse molto elevati, nella testa delle persone il modello dalle banca tradizionale, i Titoli di Stato che erano molto remunerativi…

Nonostante ciò la consulenza finanziaria cominciava a muovere i primi passi e li muoveva con un forte incentivo legato alla vendita pura nel vero senso della parola.

Quindi quella competenza era la prima fondamentale e necessaria skill che il consulente finanziario doveva avere, proprio perché diversamente non sarebbe riuscito a progredire nella propria carriera.

Successivamente, la seconda competenza, che è una competenza centrale nei ragionamenti che farò quest’oggi, era appunto l’empatia.

Una volta che avevi persuaso e indotto il tuo amico, il tuo cugino, il tuo parente a comprare da te, era piuttosto semplice chiedere a lui la referenza e presentarti ad un’altra persona riprendendo quindi il ciclo e il via con un’altra vendita.

Solo al terzo posto della classifica delle competenze faceva a capolino la cosiddetta competenza tecnica; ovviamente c’era anche al tempo, ma non era così sviluppata come potrebbe esserlo oggi per l’esiguità della quantità di strumenti a disposizione del consulente finanziario che lo portavano con chiarezza a puntare solo sulla vendita pura.

La grande conquista che ha fatto il settore ed in particolar modo la figura del consulente finanziario è stata poi l’introduzione della cosiddetta management fee e questo passaggio ha condizionato profondamente anche il tipo di competenze che poi si sono rese necessarie per poter continuare a fare la professione.

Con la management fee, di fatto, il consulente finanziario non ha più sentito quella pressione che poteva esservi prima, legata appunto al sostentamento di sé stesso e quindi alla necessità di dover vendere per poter vivere.

La management fee, ovvero la modalità con cui i suoi ricavi cominciavano ad essere continui, dettati appunto dalla ridistribuzione di un pezzo di quella commissione di gestione sostenuta dal cliente che veniva appunto distribuita alle reti di vendita e conseguentemente anche al singolo consulente finanziario, ha fatto in modo di cominciare a vivere meno questa pressione commerciale e a concentrarsi di più sul tema della tecnicalità.

Ecco che con l’introduzione della management fee cominciano anche ad esserci in valigetta più fondi per varietà e quantità e, immediatamente, le competenze tecniche hanno dovuto necessariamente migliorare e raffinarsi proprio per riuscire a interpretare in maniera nuova, grazie alla nuova modalità con cui l’industria cominciava a remunerare il settore della consulenza finanziaria, ecco che le competenze tecniche hanno cominciato a diventare preponderanti.

Centrale rimaneva sempre il tema dell’empatia perché l’attività di consulente finanziario è un’attività di relazione e quindi il tema empatico continuava ad essere centrale, ma a venire sempre dopo la competenza tecnica.

Ed infine l’ultima parte era sempre la competenza di vendita che, se negli anni ottanta era al primo posto, piano piano è scivolata al terzo posto di questa speciale classifica sulle competenze di cui ti sto parlando in questa puntata del Podcast.

È chiaro però che questo ha creato da un lato una tranquillità ed una sicurezza nel poter condurre la propria professione.

Non dimentico mai di raccontare che la professione del consulente finanziario è una professione che di fatto è anche molto fortunata perché è difficile trovare nel mondo reale, tutto il mondo diverso dal settore finanziario, situazioni in cui un imprenditore comincia a fatturare di fatto dal primo istante in cui il cliente si affida a lui.

Prova a pensarci per un attimo, il momento in cui il cliente ti versa del denaro e investe in un fondo d’investimento, dal primo istante le commissioni di gestione cominciano a correre e quindi tu vieni remunerato.

Questo è un fattore molto importante perché poter contare su un cash flow costante è il sogno a cui aspirano tutti gli imprenditori; il consulente ha già connaturato nella sua attività professionale questo plus, che è un plus che non sempre sfrutta oppure ne è consapevole.

Ne è consapevole più per le parti di tranquillità economica che non nella capacità di dire che quest’anno potrà contare su un giro di affari di x e conseguentemente potrà pianificare anche degli investimenti, nel caso specifico degli investimenti di marketing.

La management fee ha trasformato il consulente finanziario da cacciatore, perché era necessario procacciarsi giorno dopo giorno la selvaggina, in questo caso, perdonami questa metafora, l’ha trasformato in agricoltore.

Gli sforzi sono andati verso direzioni diverse; questa capacità di diventare agricoltore ha portato però anche a far atrofizzare un po’ alcuni muscoli che invece al tempo erano necessario per cacciare, ma che secondo me il contesto attuale richiede nuovamente di far diventare tonici.

Il tema della MiFID2, il tema del FinTech, il fatto stesso che il costo dei prodotti andrà progressivamente diminuendo, fa sì che il consulente finanziario per poter continuare a generare ricavi per la propria impresa di consulenza finanziaria, sempre di più dovrà indirizzarsi alla cosiddetta consulenza parcella.

Varie mandanti hanno già adottato la formula delle spese on-top, altri non l’hanno ancora fatto ma mi pare che la direzione sia segnata.

Il fatto di diventare agricoltori e il fatto che la management fee abbia assicurato tranquillità e serenità è dimostrato anche dal fatto che, per esempio, i bancari che hanno deciso di rompere gli indugi e cominciare a fare i consulenti finanziari, una volta trasferito il patrimonio dalla precedente banca alla società mandante, tendono ad un certo punto a fermarsi non avendo più la capacità di poter far crescere il portafoglio.

Questo non è colpa loro, è semplicemente che sono nati agricoltori e non gli è mai capitato di cacciare.

In realtà oggi è necessario tornare a riprendere l’arco e le frecce e, ogni tanto, ad addentrarsi nel bosco per poter reimparare il nuovo modo di acquisire clientela.

Devo dire che questa cosa è fondamentale perché il contesto non è particolarmente favorevole, è estremamente competitivo; la competizione peraltro non proviene solo da altri colleghi che fanno il tuo lavoro, ma anche da piattaforme che sono fortemente concentrare nel proporre soluzione, strumenti e prodotti a più basso costo e con una maggiore velocità rispetto al consulente finanziario.

Riuscire a ritornare ad acquisire la clientela è forse la cosa su cui il settore oggi potrebbe migliore perché questo 15% di quota di mercato la dice lunga sul progresso che negli ultimi trent’anni il settore ha fatto.

Non dimentichiamoci che il contesto era appunto un contesto dove il modello tradizionale di banca era scolpito nella testa delle persone e ci sono ancora spazi straordinari di crescita che dipendono dalla capacità dei consulenti finanziari di tornare a vestire i panni dei cacciatori moderni che hanno tecnologie e strumenti a disposizione e dove c’è bisogno però di lasciare un po’ l’aratro.

Io credo che ci sia un bisogno estremo di consulenza finanziaria ed è necessario cominciare a pensare alla propria attività non come un’attività solo di relazione, ma immaginare la propria attività anche come una vera e propria attività imprenditoriale.

Quando parlo di attività imprenditoriale mi riferisco alla vera e propria figura dell’imprenditore e dell’impresa, un po’ diversa dall’interpretazione della professione che finora c’è stata di artigiano, nel senso più nobile del termine, sia ben chiaro, ma che comunque fa del suo modo di condurre la professione qualcosa legato all’arte, alla non replicabilità.

Se si vogliono fare scelte legate alla crescita, e lo dimostrano alcuni consulenti finanziari che hanno raggiunto vette elevatissime, in loro scorre nelle vene il sangue imprenditoriale e hanno cominciato realmente a strutturare la loro impresa in maniera industriale, anche in questo caso nell’accezione più nobile del termine.

Quando mi riferisco a trasformare la propria impresa da artigianale ad industriale vuol dire continuare a mantenere standard estremamente elevati, ma ovviamente anche cominciare a lavorare su quelli che possono essere i processi, le procedure, la standardizzazione, il modello di servizio, tutti elementi che possono realmente fare la differenza in termine di percezione del valore da parte della clientela.

Le competenze imprenditoriali (22:15)

C’è un altro ragionamento che vorrei fare con te e che è legato appunto sempre alle cosiddette competenze imprenditoriali.

Se io dovessi definire le competenze imprenditoriali, potrei individuare tre aree che si riferiscono appunto alle competenze che l’imprenditore ha la necessità di mettere in gioco.

La prima area è la cosiddetta competenza tecnica che però, se in passato potevano fare realmente la differenza, oggi le competenze tecniche vengono date di fatto per scontate dal mercato.

L’asticella della competizione porta ovviamente le condizioni minime necessarie per poter stare nel mercato a livelli sempre più alti.

Le altre due aree su cui credo si poggi il futuro della professione sono appunto le competenze relazionali e le competenze organizzative.

Le competenze relazionali chiaramente vanno sviluppate perché sono quelle che poi saranno alla base della generazione del valore del consulente.

Ricordiamoci sempre che un consulente viene chiamato da un’azienda o un singolo perché sul tavolo c’è un problema di difficile risoluzione e conseguentemente il professionista viene chiamato appunto per risolvere il problema.

Ma per risolvere il problema è necessario identificarlo a fondo e per risolverlo ed identificarlo a fondo è necessario mettere in campo quella che è una capacità di ascolto che deve diventare ancora più profonda da parte del consulente finanziario, che oggi risente ancora di una modalità di approccio che è più push che pull.

Questo lo verifico quotidianamente quando sono in aula e pongo questa domanda: “In un primo incontro con un cliente potenziale, chi parla di più tra te e il cliente potenziale?”. Con grande onestà buona parte dei consulenti mi dicono “parlo io di più di quanto non ascolti”.

Nel modello di servizio che dovrai andare a sviluppare comprende anche l’anticipare al cliente il processo che lo vedrà coinvolto dicendo: “Guardi che nel primo incontro parlerò cinque minuti e i 55 minuti restanti che trascorreremo insieme avrò bisogno di capire chi è lei, quali sono le sue necessità, i suoi bisogni, i suoi problemi e come io posso esserle d’aiuto per poterli risolvere”.

Il tema delle competenze relazionali diventa fondamentale; la capacità di ascolto e di porre domande. Più riesci a porti delle domande che facciano parlare più sei in grado di poter acquisire informazioni attraverso l’ascolto.

Altra capacità che rientra nelle competenze relazionali è quella di comprendere le emozioni che ti potranno essere molto utili nelle fasi successive, nel fare in modo che il cliente aderisca al piano che gli avrai proposto e che quindi percepisca che si è affidato ad un professionista che non gli propone la sua collaborazione semplicemente per battere un indice di mercato o un benchmark, ma gli propone la propria collaborazione per percorrere un lunghissimo percorso che è la vita del cliente con affianco il consulente finanziario che lo condurrà nel gestire il rischio, nell’evitare i pericoli e nel portarlo a conseguire i propri risultati e quindi i propri obiettivi.

L’altra competenza importante è quella organizzativa, le competenze organizzative sono fondamentali per l’imprenditore perché competenze quali il marketing, lo sviluppo di un proprio modello di servizio, cercare di disegnare, progettare una customer experience dei clienti, avranno un impatto enorme nella generazione di valore, ma soprattutto anche nella customer experience che i clienti vivranno.

È proprio un salto di paradigma quello che dovrai fare e per riuscirci dovrai porti una domanda: “Ma io fra tre o cinque anni dove mi vedrò?”.

Se pensi solo ed esclusivamente a raddoppiare il portafoglio probabilmente approcci il problema in maniera non corretta, perché l’imprenditore non ragiona sul raddoppiare o triplicare i clienti, ragiona necessariamente sul valore del fatturato, dei ricavi conseguentemente, sul valore della marginalità. Poi si pone il problema di come raggiungere quel fatturato, come raggiungere quella marginalità.

Prova quest’anno a dire “L’anno scorso con quanto fatturato ho chiuso? Quante sono state le mie provvigioni?” e ragiona dicendoti “Se l’anno scorso ho fatturato 100.000 euro e quest’anno vorrei fatturarne 115.000, quindi vorrei aumentare del 15% i miei ricavi, come posso fare per arrivarci?”.

La strategia che andrai ad approntare sarà ciò che farà veramente la differenza fra ciò che sei oggi e ciò che sarai domani, nell’interpretare in maniera nuova il tuo ruolo di consulente finanziario.

Le competenze attuali e future (30:18)

Tornando però al tema delle competenze, se oggi dovessi pensare a quali sono di fatto le competenze necessarie per poter interpretare il ruolo del consulente finanziario alla luce del contesto attuale e futuro, individuerei quattro competenze.

Nell’individuarle le metterei in una matrice fatta da quattro blocchi dove in ordinata, per intenderci l’asse delle Y, sicuramente dividerei l’asse delle Y in due parti, una parte dedicata alle cosiddette competenze destinate ai clienti, chiamiamole competenze cliente-centriche e la parte inferiore dell’ordinata è appunto quella delle competenze legate al tuo business, alla tua organizzazione.

In ascissa invece, l’asse delle X, quella orizzontale, anche in questo caso la dividerei in due parti dove in una parte metterei il contesto interno all’impresa del consulente finanziario e nell’altra parte metterei il contesto esterno all’impresa del consulente finanziario.

Incrociando le varie coordinate, scoprirai che nel quadrante cosiddetto cliente-centrico, nel momento in cui vai a riferirti al cosiddetto contesto interno è evidente che in questo caso dovrai lavorare molto su quelle che sono le cosiddette competenze tecniche.

Sempre riferendomi al quadrante cliente-centrico, in questo caso per ciò che concerne il contesto esterno, ecco che l’empatia torna ad essere un elemento assolutamente interessante.

Quindi oggi, per poter ragionare ed avere delle competenze importanti che possano far percepire il valore da parte della clientela, empatia e competenze tecniche sicuramente sono preponderanti, ma non devo dimenticare, dall’altra parte, la buona salute della mia impresa di consulenza perché senza godere di buona salute difficilmente sarò in grado di fare strada.

Per ciò che concerne il contesto interno dal punto di vista dell’impresa, dal punto di vista del quadrante business-centrico è chiaro che nel contesto interno dovrò diventare assolutamente una cintura nera di execution, dove l’esecuzione sarà ciò che determinerà veramente la differenza tra te e un altro consulente finanziario.

Mentre per quel che riguarda il contesto esterno ci sarà il ritornare ad imparare a vendere, perché nel momento in cui sempre di più il mercato andrà verso la proposta da parte tua dei servizi di consulenza, molto spesso ti troverai a proporli con una remunerazione tipicamente a parcella. Lì dovrai rispolverare veramente dal tuo baule le tue capacità anche di vendita del servizio di consulenza.

Io credo che la differenza che potrai fare sia legata essenzialmente al tema dell’execution che vuol dire sapere che ogni santo giorno tu sei a capo di un’impresa che ha processi, procedure, impegni, responsabilità alle quali tu non puoi venir meno.

È un po’ questa la differenza tra fare l’imprenditore e fare l’artigiano; l’artigiano molto spesso ha un concetto del suo lavoro legato molto a “genio e sregolatezza”, al fatto che se stamattina non ho voglia di aprire il laboratorio faccio a meno, e sicuramente i clienti potrebbero anche giustificare il fatto se trovano un cartello con scritto “oggi chiuso perché sono in giro a cercare nuove idee”.

Fare l’imprenditore vuol dire di fatto assicurare quotidianamente, a tutti i portatori d’interesse che girano attorno alla tua impresa, la garanzia che quest’oggi l’impresa apre, come aprirà domani, come apriva ieri e soprattutto che gli standard che tu sei in grado di poter assicurare siano standard elevati e soprattutto costanti nel tempo.

Come sviluppare queste competenze? (35:50)

Ho individuato due strade: la prima leggendo. Gli scaffali delle librerie, Amazon stessa, traboccano letteralmente di libri che desiderano ardentemente essere acquistati e letti dai consulenti finanziari.

Libri relativi al marketing, legati alla motivazione, al tema della customer experience, alla vendita, insomma tutto ciò che può esserti utile nel poter migliorare le tue competenze.

Non esitare, fallo con costanza; la lettura è l’unico vantaggio competitivo che oggi ciascuno di noi può mettere sul tavolo rispetto ad altri competitor, perché leggendo dei saggi, ad esempio, riesci ad acquisire quelle esperienze che diversamente non ti basterebbero in una vita.

Ogni volta che leggo un saggio, oltre a portarmi a casa delle idee, mi porto a casa anche l’esperienza che è concentrata all’interno di quelle pagine e che è l’esperienza dell’autore e questa è una cosa importantissima perché se io leggessi 60-100 libri su un argomento è come se avessi partecipato a 100 corsi di 100 differenti formatori.

E poi il tema di partecipare alla formazione che non è solo la formazione della mandante, ma anche una formazione che scegli tu di completare, una formazione che di fatto vai a scegliere in virtù dei bisogni formativi che puoi avere, ma che sai che potranno, una volta colmati, fare realmente la differenza tra te e qualche altro competitor.

Vendita ed execution, unite a competenze tecniche ed empatia sono di fatto i quattro ingredienti irrinunciabili del fare bene impresa nel settore della consulenza finanziaria.

Spetta a te, attraverso la lettura e la formazione, fare in modo che queste competenze continuino a crescere in modo tale da poter portare il tuo livello di consapevolezza a vette che non immaginavi neanche di poter raggiungere.

MiFID2 e FinTech saranno degli incredibili acceleratori di cambiamento del contesto in cui hai operato sinora e pertanto sviluppare queste competenze, mettere mano alla tua cassetta degli attrezzi è probabilmente l’unica strada che ti consentirà veramente di vincere questo tipo di sfide.

 

Enrico Florentino

 

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