Enrico Florentino
15 Luglio 2019

#042 – Se non si chiamasse “impresa” sarebbe una “facile” – di Enrico Florentino

Perché i Consulenti finanziari faticano a vedersi come degli imprenditori?

Perché acquisire una mentalità imprenditoriale è probabilmente l'unico modo di poter salvare una professione dandole nuova speranza?

Scopri gli argomenti dell'episodio:
Sentirsi imprenditori (10:10)
I vantaggi della via imprenditoriale (21:50)
Evolvere imprenditorialmente (34:30)

Ciao e grazie per aver deciso quest’oggi di stare in mia compagnia ascoltando la puntata numero 42 dell’IMPRENDIPROMOTORE PODCAST. Io sono Enrico Florentino e voglio aiutarti a migliorare la tua impresa di consulenza finanziaria.

Prima di cominciare questo episodio, prenditi un momento per iscriverti a questo podcast e, se ti va, lascia una recensione.

Se non si chiamasse impresa, sarebbe una facile. Voglio proprio partire da questa frase per poter dedicare questa puntata all’essere imprenditori, anzi, imprendipromotori.

Trovo che la via imprenditoriale sia l’unica in grado di dare nuova linfa ad una professione che se dovesse continuare a muoversi come ha fatto negli ultimi 30 anni correrebbe una serie di rischi e incontrerebbe difficoltà e ostacoli.

Ciò che ha consentito ai consulenti finanziari di arrivare ai livelli a cui sono arrivati oggi, potrebbe fermarli o farli rallentare nella crescita. In secondo luogo, anche per poter continuare a generare valore per la clientela e continuare a farlo percepire.

L’approccio imprenditoriale impone un cambio completo di mentalità, di mindset, dove temi come la customer experience, processi e procedure industriali, processi nello specifico della microimpresa rappresentata appunto dall’impresa dei consulenti finanziari, devono essere formalizzati e a mio modo di vedere anche cambiati.

Gli standard qualitativi devono diventare di un certo livello.

Il cliente oggi necessita di percepire valore. La percezione di fatto è la battaglia che ogni azienda sta conducendo sul mercato nei confronti dei propri competitor, essere percepiti in un certo modo può dare sicuramente chance maggiori di poter rimanere sul mercato, di poter crescere, di poter prosperare.

Secondo Wikipedia, l’impresa è un’attività economica professionalmente organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.

Sono tante le cose che un consulente finanziario potrebbe chiedersi in merito al suo modo di condurre un’impresa, ad esempio se l’attività che sta conducendo è economicamente rilevante sia per sé stesso che per i differenti portatori di interessi che ruotano attorno all’azienda, gli stakeholders.

Inoltre, si possono chiedere se questa attività oltre che essere economica è anche professionalmente organizzata. Quanto di fatto è professionalmente organizzato perché fornito dalla mandante, quanto lo è perché c’è il consulente finanziario che è particolarmente attento all’idea, alle procedure, ai processi, al fatto di poter donare una customer experience di un certo livello ai clienti e poi, soprattutto, con il fine della produzione e lo scambio di beni e servizi.

Produrre e scambiare un bene o un servizio implica anche una forte attenzione al tema della redditività, alla marginalità ma anche ad un tema di investimenti che il consulente è chiamato a fare in virtù di far crescere e migliorare il proprio business.

Andando poi a riprendere il concetto di definizione di impresa dato da Wikipedia e dal dizionario, c’è anche la spiegazione della parola impresa attraverso una definizione che è questa: “L’impresa è assunto fondato su programma notevole oppure particolarmente impegnativo.”

Il nocciolo della questione è quello di condurre l’impresa a darsi un programma notevole o particolarmente impegnativo che porta nelle migliori delle ipotesi a raggiungere dei risultati importanti, impresa quindi da questo punto di vista esprime il massimo della propria potenza.

Immaginate quando viene portata a termine un’impresa sportiva o anche una scalata ad esempio di una montagna, è realmente un’impresa perché è sicuramente particolarmente impegnativa. Immaginando che un’impresa oltre ad essere un’attività economica professionalmente organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi sia anche il frutto di un programma notevole o particolarmente impegnativo, questo è quanto attenderà i consulenti finanziaria da qui in futuro.

All’orizzonte ci sono una serie di elementi che negli ultimi 30 anni non ci sono stati e che di fatto mettono fortemente in discussione un equilibrio che il settore sembrava potesse aver raggiunto ma che in realtà porta necessariamente a dover ripensare alle cose che si fanno, perché stiamo sempre parlando di equilibri costantemente precari che portano a nuovi equilibri.

I nuovi equilibri o disequilibri possono essere forieri di minacce ma anche di importanti opportunità. Io penso che il futuro sia sempre foriero di opportunità o quantomeno dietro le difficoltà che quotidianamente un imprenditore incontra, ci sono sempre ostacoli che si frappongono tra te e la visione che tu hai del futuro legata al tuo lavoro, alla tua impresa, al segno che vuoi lasciare sul tuo passaggio su questa terra.

Sentirsi imprenditori (10:10)

Vorrei partire da questa definizione per poter poi capire quanto i consulenti finanziari alla fine si sentono imprenditori.

In questi 3 anni e mezzo da quanto è uscito il mio libro, L’imprendi(promo)tore, sono stati tantissimi gli incontri che ho vissuto. Mediamente arrivo a formare dalle 2500 alle 3000 persone all’anno, quindi sono tante le riflessioni che ho potuto fare con i professionisti.

Devo dire che sono ancora troppo pochi i consulenti finanziari che di fatto hanno un piglio imprenditoriale, però anno dopo anno sono in aumento anche se sono ancora troppo pochi per esser un numero significativo su cui far poi delle riflessioni accurate.

Il fatto che siano troppo pochi e che ci sia una maggioranza che considera ancora il mestiere di consulente finanziario come una sorta quasi di lavoro parasubordinato, cioè che da un lato cerca di condensare la parte libero-professionale, imprenditoriale, quindi la relativa libertà nel potersi muovere ad uno stipendio in questo caso o comunque a delle provvigioni che in realtà hanno tutta la parvenza di essere una sorta di stipendio perché arrivano regolarmente o il 20 o il 27, perché di fatto ogni consulente finanziario alla fine di ogni anno può stabilire quale sarà il suo giro di affari per l’anno successivo.

Queste due situazioni, la regolarità del pagamento dello stipendio e il fatto che questo stipendio deriva da una fatturazione che avviene immediatamente nel momento in cui il cliente decide di affidarsi al consulente finanziario, non dimentichiamolo che è una delle anomalie di cui parlo spesso, ovvero il fatto che nel momento in cui il consulente finanziario investe per esempio in strumenti di risparmio gestito comincia a fatturare dal primo istante nel momento in cui il cliente gli affida il denaro.

Queste due anomalie hanno portato da un lato la professione di consulente finanziario ad essere impegnativa, ma che raggiunto un certo livello dà delle garanzie anche di cash-flow sicuramente interessanti, dall’altro lato il rovescio della medaglia è che molto spesso anche per questa categoria i ritorni economici per unità di sforzo profusa sono ancora molto elevati se paragonati ad altre libere professioni. Questo torpore dato dalla sicurezza e dalla tranquillità che è data da un elemento della redditività del consulente finanziario che è rappresentato dalla management fee, rischia di essere controproducente e nocivo per il consulente finanziario perché porta una sorta di atrofia anche della “cazzimma”, delle determinazione che deve essere connaturata agli imprenditori che invece c’è nei consulenti finanziari (atrofia) e che può portare uno scenario sicuramente molto più impegnativo derivante da MIFID 2 e dalla tecnologia che avanza, rischia di diventare un qualcosa che porterà fortemente in difficoltà il settore se il settore non deciderà di recuperare una tonicità anche nell’andare sul mercato.

Il settore della consulenza finanziaria gode di due anomalie positive (non so ancora per quanto) che non sono assolutamente riscontrabili in altri settori.

Su queste solide basi ogni consulente finanziario dovrebbe iniziare realmente a costruire, edificare la propria impresa di consulenza finanziaria 2.0.

La prima base è dettata dal cash-flow, dal fatto che con estrema regolarità affluiscono mensilmente i denari che permettono all’impresa del consulente finanziario di poter sopravvivere, fare investimenti e crescere, mi riferisco al tema della management fee.

Non dimentichiamo che il fatto che ci sia una società mandante che raccolga il denaro per conto dei consulenti finanziari dai clienti trattenendone una parte, molto spesso viene interpretata dai consulenti finanziari come una sorta di diaframma che fa loro dimenticare che il fatto che chi li paga è il cliente.

Mifid 2 da questo punto di vista questo diaframma lo fa saltare perché le rendicontazioni che arriveranno metteranno i clienti nelle condizioni di comprendere effettivamente quanto viene trattenuto dalla società mandante e quanto viene dato ai consulenti finanziari.

Non dimentichiamo che quel cliente che sta pagando per un servizio che non sta ottenendo, mi riferisco al servizio di consulenza in abbonamento, a me piace immaginarlo così. Ogni consulente finanziario si fa pagare un abbonamento proprio per dare assistenza ai clienti, nel momento in cui tu di fatto questa assistenza non la dai, perché il cliente è lontano, il cliente è piccolo, antieconomico da tenere ma continui a tenerlo in portafoglio, attenzione, perché questo è un elemento che porterà una forte compressione dei margini proprio perché i clienti stessi inizieranno a realizzare che questa cosa non è corretta, non è etica.

Questa prima anomalia è un qualcosa che può da un lato, se interpretiamo la professione come è stata interpretata negli ultimi 30 anni, può rischiare veramente di condurre ad una atrofia imprenditoriale.

L’atrofia imprenditoriale poi ti porta a non avere forza, scatto, elasticità di questi muscoli che ti consente di poter affrontare meglio anche le eventuali fughe in avanti che Mifid 2, intelligenza artificiale, tecnologia, costringeranno il settore a dover compiere, se no il settore rischia di implodere.

Dall’altro lato i ritorni importanti per unità di sforzo profusa. Quanto ci metterebbe un avvocato ad incassare 100.000€ esattamente come li incassi tu, quanto tempo ci dovrebbe impiegare e che tipo di struttura avrebbero i suoi economics e soprattutto che cosa è richiesto ad un avvocato per poter arrivare a quei livelli oltre al tempo, anche la competenza, laurea, praticantato, specializzazione.

Oggi un consulente finanziario dice: ho studiato per iscrivermi all’albo, sto studiando per prendere le varie certificazioni.

Certamente, nessuno lo mette in dubbio ma è indubbio anche che i ritorni economici per unità di sforzo profusa continuano ad essere sicuramente molto elevati.

Mifid 2 da questo punto di vista sta portando dei grandissimi correttivi in questa direzione perché effettivamente viene generato del valore e quindi è giusto che il mercato paghi per il valore che ottiene.

Se non ci focalizziamo sul processo di acquisto del cliente, ma siamo costantemente orientati a vendere qualcosa ad un cliente, quindi orientati al processo di vendita più che del processo di acquisto di un cliente, rischiamo che ad un certo punto il cliente cerchi delle soluzioni fai da te e se il tuo business è improntato su delle soluzioni fai da te, attenzione perché non si giustifica più la remunerazione che in questo momento il mercato ti tributa.

Se oggi la tua attività principale come consulente finanziario è quella di proteggere il patrimonio e di accrescerlo lavorando essenzialmente su un prodotto che si chiama asset allocation, attenzione perché quel modello basato sul battere un benchmark è un modello che oggi può essere tranquillamente espletato in termini di risultati e di benefici da una piattaforma.

Quindi c’è il rischio di essere letteralmente sorpassati da una piattaforma la quale sarà meno costosa, più efficace nel prendere decisioni di quanto non possa essere un essere umano.

I vantaggi della via imprenditoriale (21:50)

Per questo la via imprenditoriale che è una via irta di ostacoli, estremamente impegnativa, sarà di fatto quella che permetterà ai consulenti finanziari di:

– generare valore;
– far percepire valore;
– raccogliere valore;
– fare in modo che il mercato possa realmente pagare per il valore che sta ottenendo.

Non è possibile che in Italia solo il 15% della quota di mercato è detenuta dai consulenti finanziari.

Non c’è una ragione logica che possa giustificare che un cliente non abbia un consulente finanziario, deve essere una categoria che deve muoversi in modo differente.

Mifid 2 sta richiedendo in questo momento ai consulenti finanziari di riprendere in mano la loro impresa di consulenza, di riprendere in mano i loro processi di approccio ai clienti, i loro modelli di servizio anche perché è necessario poter dare ancora di più sostanza ad una parcella di fatto che oggi è resa palese dagli estratti conto verità.

Per fare questo l’unica via a mio modo di vedere è quella imprenditoriale. Via imprenditoriale che necessita di un importante cambio di paradigma.

Mi ha molto colpito un’indagine della Financial Planning Association che ha fatto a 2400 consulenti finanziari che sono stati interpellati. È stato disarmante leggere alcune risposte, ad esempio che il 50% dei consulenti finanziari non dispone di un Business Plan in forma scritta.

Se facessi la stessa indagine anche in Italia probabilmente otterrei percentuali molto simili.

Come è pensabile parlare di pianificazione finanziaria ai clienti se in primis il consulente finanziario non ha pianificato la propria strategia di business? Che credibilità c’è?

Quando il cliente si affida ad un consulente finanziario fondamentalmente compra un prodotto che sei tu, la tua convinzione in ciò che fai.

Il tema della coerenza, della congruenza tra ciò che si predica e ciò che si fa diventa di fondamentale importanza.

Un’altra cosa che è emersa è che il 56% dei consulenti finanziari non ha un piano pensionistico per sé, nonostante il 40% stia pianificando di andare in pensione entro i prossimi 14 anni, questa indagine è stata fatta negli Stati Uniti dove se non hai un piano pensionistico sei costretto a lavorare fino a quando non morirai perché non c’è una struttura come l’INPS, che peraltro sta cominciando a fare acqua da molto tempo e per le persone della mia generazione così come le persone a cui dovessero mancare ancora 15 o 20 anni, sarà un grandissimo problema il fatto della copertura pensionistica.

Solo il 25% dei consulenti finanziari dispone di un piano che assicuri il passaggio della propria attività nel momento in cui volesse ritirarsi, anche qui c’è un elemento importante.

C’è un grandissimo pezzo, una grandissima fetta dei consulenti finanziari attivi che ormai è molto avanti nell’età e che sta pensando di cedere il passo alle nuove leve, tanto è vero che dall’altro lato ci sono delle reti dove una parte dei consulenti finanziari stanno attendendo con grande trepidazione pezzi di portafoglio importanti.

Facciamo in modo che questo portafoglio acquisito possa essere un ulteriore stimolo per avere disponibilità economiche da investire per far crescere l’impresa finanziaria.

In Italia temo che la percentuale possa essere ancora più bassa.

Se non c’è una corretta attenzione nel passaggio della propria attività, c’è il rischio di una fortissima dispersione e disintegrazione di ricchezza perché nel momento in cui non viene curato molto bene il passaggio e non viene curata la parte immediatamente precedente al passaggio dove il portafoglio deve esprimere anche una redditività importante perché l’impresa di consulenza deve raggiungere anche dei risultati di bilancio importanti.

È ovvio che c’è il rischio alla fine che quella che è la cosiddetta liquidazione di chi cede il portafoglio, sia a fortissimo rischio di esistenza della stessa, proprio perché non c’è stata una cura importante nel poter far sì che i clienti rimangano e capiscano l’importanza di chi subentra e del continuare ad avvalersi del servizio di consulenza del collega subentrante.

Il tema del business plan, il tema del passaggio dell’attività, sono di fatto due facce della stessa medaglia dove l’idea di base che deve avere il consulente finanziario non è quella “dopo di me il diluvio” bensì anche se sono da solo e ho condotto negli ultimi 30 anni la mia impresa di consulenza finanziaria, in realtà tutti i portatori di interessi che ruotano intorno alla mia impresa finanziaria, i clienti che pagano, la società mandante, la famiglia del consulente, lo Stato, l’assistente, i dipendenti, bisogna tener conto di tutti coloro i quali oggi fanno riferimento a questa impresa finanziaria.

Ecco perché dopo un business plan che va anche oltre la vita professionale del consulente permette di pensare in grande ma agendo quotidianamente in piccolo.

È necessario cominciare ad agire guardando con estrema attenzione al futuro, esplorandolo e facendo in modo di prendere un impegno nei confronti di sé stessi redigendo per iscritto un business plan, perché è l’unico modo per poter garantire prosperità e futuro alla propria professione, non è pensabile che alla fine ci sia una profondità di visione che non va oltre il mese o l’anno, dove sento sempre più consulenti dire: “Chissà come finirò l’anno.”

Non esiste una cosa del genere.

Se fosse un’azienda quotata che idea del management avrebbe l’azionista? Non è una giustificazione il fatto che siccome io sono completamente l’azionista di me stesso posso essere benevolo nei confronti di me stesso, perché in quel momento non stai facendo l’imprenditore, sei in balia degli eventi, vivi la tua situazione seguendo una corrente, non è così che si fa impresa ed è per questo che ci tengo particolarmente a fare in modo che i consulenti finanziari possano fare un passaggio, un salto di paradigma importante per diventare imprenditori.

Deve essere così, non può essere altrimenti, questi sono argomenti che mi fanno scaldare perché c’è un potenziale inespresso che è straordinario, è un vero peccato che non venga colto dai consulenti finanziari.

Lavorare a testa bassa è un elemento importante per poter garantire il successo alla propria impresa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il fare.

Ciò che ha portato l’impresa a crescere è stato determinato da una forte determinazione nel “fare” degli imprenditori.

È necessario immaginare che l’imprenditore ad un certo punto cominci ad essere on the business cioè sul proprio business e cercare di capire come affrontare il proprio futuro.

Quando è arrivato il 2008 quella che è stata una politica nell’azienda come ad esempio togliere gli utili dell’azienda per andare ad investire in immobili, anziché investire in innovazione tecnologica o in ricerca, questo alla fine ha portato alla decimazione di imprese sul mercato. Vogliamo fare la stessa fine?

Mifid 2 e la tecnologia sono per il settore della consulenza finanziaria esattamente la stessa cosa di come è stato il 2008 per il mondo reale.

Ha resistito e ha fatto la voce forte chi aveva lavorato, migliorato le proprie competenze, aveva investito sulla propria professione, rinnovato le proprie tecnologie, aveva fatto ricerca, tutte cose che i consulenti finanziari oggi sono chiamati a fare, devono fare e per fare questo devono necessariamente avere una mentalità imprenditoriale, non è pensabile fare altrimenti perché se no c’è il rischio veramente di schiantarsi.

Voglio dirti che di esempi guardandoti intorno ce ne sono ovunque, non è necessario fare lo struzzo ma è necessario fare la giraffa come diceva Vincenzo Renne nella puntata che è andata in onda nella scorsa settimana quando abbiamo parlato di bilanci e di consapevolezza.

A me piace pensare che i consulenti finanziari che avranno voglia di intraprendere l’attività di imprenditore ma soprattutto avranno voglia di aumentare la propria consapevolezza imprenditoriale, dovranno essere delle giraffe straordinarie nel capire ciò che sta andando avanti.

Qui stiamo cercando di darti una mano, proprio per darti alcuni avvisi naviganti che ti consentono di portare la pelle a casa e non di perderla.

Evolvere imprenditorialmente (34:30)

Venendo ai temi di come evolvere imprenditorialmente, sicuramente l’evoluzione della professione richiederà un miglioramento delle competenze.

Oggi sempre di più si fa riferimento alla consulenza patrimoniale ma attenzione perché anche questo è un vantaggio competitivo che durerà fino a quando i consulenti finanziari non diventeranno tutti consulenti patrimoniali.

Penso poi che la via dei consulenti finanziaria sarà quella di diventare veramente dei financial/life coach dei propri clienti.

Obiettivamente parlando chi meglio del consulente finanziario può affiancare e sta affiancando i clienti lungo tutta la loro esistenza.

Ogni volta che un consulente finanziario acquisisce un cliente lo acquisisce per la vita. Ci sono relazioni e rapporti che continuano a protrarsi da 20/25/30 anni.

L’attività che ha svolto il consulente finanziario in termini di partnership magari ha permesso a quei clienti di poter gestire al meglio le proprie finanze per i figli.

Ecco il tema di diventare financial life coach, è la strategia futura che ogni consulente finanziario dovrà adottare per diventare trust advisor, una persona di fiducia per la famiglia.

Le prerogative rispetto ad un commercialista per diventare trust advisor dovranno essere completamente differenti. Non possono essere semplicemente quelle di colui il quale sistema il portafoglio, ti mette a disposizione le competenze per proteggere il portafoglio ed efficentare la performance. Se non riusciamo ad uscire da questa dinamica, l’intelligenza artificiale e le piattaforme ci fanno fuori.

Fare gli imprenditori e mettere in piedi tutta questa struttura per approcciare il mercato richiede delle competenze tecniche di tipo patrimoniale, di competenze organizzative come cominciare a delegare, ci sono delle attività che sono ancora svolte in prima persona dal consulente finanziario che potrebbero essere delegate a persone che costano molto meno, liberando del tempo per impiegarlo a migliorare le relazioni sia in termini di qualità che di quantità nei confronti della clientela perché da lì poi deriva buona parte del fatturato.

Usciamo dalla logica di professione condotta in maniera artigianale, con tutto il rispetto e la nobiltà d’animo che può avere l’impresa artigiana.

Dobbiamo cominciare ad introdurre standard qualitativi che devono essere di natura industriale ma nel senso più nobile del termine.

Nessuno sarebbe disposto a viaggiare su un’automobile costruita da un artigiano perché è vero che potrebbe essere un’automobile unica ma è vero anche che dovremmo avere dietro un carroattrezzi.

Oggi noi viaggiamo su automobili create dall’industria perché gli standard industriali sono in grado di consentire che questa automobili si rompano il meno possibile.

Questo deve diventare anche il mantra del consulente finanziario. Non va vista l’industrializzazione degli standard come qualcosa di negativo ma al contrario è un qualcosa che consente di far riferimento anche a tempi di risposta, modalità di approccio, procedure di semplificazione e dell’informazione.

Tutte cose che se non vengono progettate e pianificate ed implementate difficilmente trasferiranno e faranno percepire del valore ai clienti.

Tra le competenze organizzative c’è anche quella di organizzare dei marketing plan, dei business plan di un certo tipo che devono far parte delle cose che assolutamente un consulente finanziario deve fare.

Le competenze relazionali, il tema dell’ascolto attivo, il tema della capacità e del metodo dell’espletazione dei bisogni e delle esigenze dei clienti.

Lo avrai capito e ne abbiamo parlato con Luciano Scirè, è la strada maestra del goal based investing, cioè l’investimento basato sugli obiettivi, non c’è altra via, per questo è necessario lavorare su queste cose.

Non ci si può permettere di sbagliare, il goal based investing consente di attenuare in maniera profonda il rischio di errore di investimento perché lavoriamo sugli obiettivi e non sulla performance o caratteristiche tecniche dell’investimento.

Il tema della specializzazione sugli specifici segmenti di clientela, più mi specializzo sugli specifici segmenti di clientela, più sarò considerato unico nel dare delle risposte precise a quel segmento su determinate problematiche e questo consentirà veramente di dover sostenere i margini.

Ti sarai accorto che tra un cardiologo che costa 500 euro per consulto e un cardiologo che ne costa 100 avendo più disponibilità economica e avendo un grave problema da risolvere, da chi andresti?

Di solito quando si parla di libere professioni, a determinare il prezzo c’è il fatto che l’offerta è rigida cioè sei solo tu a poter dare quel tipo di soluzione, ed è normale che la domanda fluttuando trovi nel prezzo ciò che permette la quadratura.

La compressione dei margini si riuscirà a combatterla da un lato attraverso l’organizzazione e dall’altro però anche focalizzandosi in maniera determinata su un specifico target di clientela, su una specifica nicchia, perché se io divento l’unico consulente finanziario che si occupa di servire un certo segmento, un certo tipo di clientela, le persone dovranno venire da te, non sarà indifferente andare da un consulente o da un altro come oggi purtroppo è.

Oggi il cliente che si trova davanti a due consulenti troverà un approccio molto simile, si racconterà che si avrà un certo tipo di esperienza e basta, dov’è quindi la differenza? La differenza sta appunto nel focalizzarsi su segmenti di clientela specifici.

L’ultimo elemento importante che dovrà far parte delle armi del consulente finanziario è la tecnologia.

La tecnologia dovrà aiutarti, dovrà essere al tuo fianco nel continuare a seguire meglio i clienti ma non potrà sostituirti.

Ti sostituirà nel momento in cui il tuo modello di business offre soluzioni fai da te è così c’è poco da fare, per questo diventa fondamentale lavorare anche sull’innovazione tecnologica del tuo servizio, non solo con gli strumenti che ti mette a disposizione la mandante.

Pensa alle video conferenze, quanto queste ti metterebbero nella situazione di poter servire dei clienti a distanza? Clienti importanti ma anche clienti piccoli che comunque ti stanno pagando e quindi è giusto eticamente poter servire.

Credo nel futuro e sono consapevole che sia difficile dopo tanti anni cambiare mindset ma non è impossibile, lo si può fare lavorando costantemente sul miglioramento delle competenze, facendo in modo che ogni giorno la tua vita professionale sia migliore di quella del giorno precedente.

Questa a mio modo di vedere è la via di salvezza che tutto il settore dovrà intraprendere per garantire un futuro roseo. Lo credo profondamente perché la qualità dei consulenti finanziari è molto elevata sia da un punto di vista umano che professionale. Si tratta semplicemente di ritrovare la voglia di lavorare.

Penso che gli stimoli che ho avuto modo di darti possano motivarti a fare ciò e soprattutto un nuovo modo di lavorare che deve guardare prima di tutto al cliente, alla pianificazione degli obiettivi ma anche alla tua impresa perché la sopravvivenza della tua impresa è fondamentale.

È fondamentale lavorare affinchè la tua impresa di consulenza finanziaria possa continuare a prosperare oppure generare valore per i tuoi clienti.

 

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