Enrico Florentino
21 Luglio 2020

Ecco perché il consulente finanziario ha bisogno delle soft skills per avere successo

«Lei è ubriaco».

«E lei è brutta, ma io mi sveglio sobrio la mattina!»

Sembra che questa scenetta irriverente abbia avuto come protagonista l’influente Winston Churchill. Un personaggio insolito rispetto agli standard politici dell’epoca (siamo negli anni pulsanti della Seconda Guerra Mondiale). Irriverente, bizzarro e a tratti spocchiosamente sincero.

Voglio spiegarti come, stando alla mia opinione personale, un uomo enigmatico come Churchill può fungere da metafora e da esempio per ciò che leggerai di seguito.

Winston Churchill è stato un uomo davvero difficile da inquadrare: forse l’unico che, in quegli anni, riuscì davvero a porsi agli antipodi di Hitler. È attribuita a lui la celebre intuizione della “cortina di ferro”, amante del whisky e dello champagne, accanito fumatore di sigari e amico dei gatti.

Appare anche a te come una persona difficile da leggere?

La storia ci trasferisce il racconto di uomo risoluto, fortemente convinto delle sue posizioni, che generalmente erano del tutto impopolari. Quando Churchill diventò premier del Regno Unito, nessuno avrebbe scommesso nemmeno una sterlina sul suo successo, soprattutto in quella fase storica così complicata. Persino il re, Giorgio VI, era scettico rispetto alla nomina di un uomo così sui generis.

Ma cosa ha reso Churchill l’uomo che abbiamo imparato a conoscere attraverso i libri di storia, svariati film e numerose testimonianze?

Mi verrebbe da dire, senza alcun dubbio: la sua personalità.

Il Primo Ministro britannico era un uomo di smisurata cultura, credeva molto nel progresso e, addirittura, fu vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1953.

Nessuno, tuttavia, credeva possibile la sua ascesa.

Nonostante le sue indubbie competenze, quelle che oggi gli esperti del settore chiamerebbero “hard skills”, nessuno avrebbe mai scommesso sulle sue qualità politiche e/o culturali nell’insieme.

È forse il caso di pensare che, alla fine, dopo anni di strenua battaglia, sia stata proprio la sua personalità a fare la differenza, consentendogli non solo di accreditarsi come membro influente del Parlamento inglese, ma anche di acquistare una considerevole fetta di appoggio popolare?

Stiamo entrando in una nuova dimensione: stiamo superando le hard skills e ci stiamo introducendo nelle più “umili” soft skills.

In questo articolo voglio concentrarmi proprio su queste ultime.

Pronto per scoprirle?

ECCO PERCHÉ LE SOFT SKILLS TI PERMETTONO DI FARE LA DIFFERENZA 

I professionisti, di qualsiasi categoria, sono convinti che per far cadere nella loro rete prospect in target, debbano fare necessario affidamento solo alle loro capacità settoriali e tecniche.

Insomma:

  • Un dottore commercialista deve essere molto competente in materia fiscale e societaria;
  • Un avvocato deve essere davvero in grado di interpretare ogni sfumatura del diritto;
  • Un insegnante deve essere qualificato e molto preparato per essere un vero mentore per i nostri figli.

Siamo nel regno delle hard skills.

Quelle competenze tecniche e settoriali che i professionisti, spesso desiderosi di successo, sfruttano come unica e affilata arma nella conquista di quote di mercato importanti.

Ma se tempo fa tutto ciò era sufficiente e perfettamente funzionale, oggi potremmo dire che questa equazione è profondamente cambiata.

Ciò vale per tutti i settori che dominano la scena sul mercato, compreso quello dei consulenti finanziari.

Un consulente finanziario che vuole spiccare e porsi come riferimento “nel mucchio” non deve più badare solo alle sue competenze acclarate e certificate. Non deve più essere solo un abile conoscitore del mercato e delle sue leggi; non può più semplicemente veicolare in modo ottimale gli investimenti e il capitale dei propri clienti offrendo strategie lucide e costruite ad personam.

Ciò che, nell’era contemporanea, fa veramente la differenza, sono le cosiddette soft skills, ovvero quelle competenze trasversali che, spesso, poco hanno a che fare con i dati curriculari di un professionista.

Ecco perché ho aperto questo articolo parlando di Winston Churchill. Nella mia percezione e nel mio ordine di idee, possedeva entrambe le dimensioni; anzi, credo abbia trovato il suo posto nella storia proprio per la sua spiccata predisposizione (del tutto innata e istintiva) allo sviluppo di entrambe queste aree.

Era un uomo colto e preparato. Ma anche un personaggio irriverente e ai limiti della connotazione “parodica”.

Era un uomo risoluto, deciso e pragmatico. Ma anche un personaggio estremamente carismatico e passionale.

Sapeva essere un leader, tanto che quasi nessuno metteva in discussione un suo ordine, seppur non condiviso. Riusciva a porsi, tuttavia, anche in chiave empatica ed emozionale, soprattutto con chi – in quegli anni folli – non aveva voce in capitolo: il popolo inglese.

Le soft skills sono proprio le competenze non specifiche al ruolo: si tratta di caratteristiche emotive e sociali, intrinseche e tipiche della personalità e dell’agire di ciascuno.

È il motivo per cui figure professionali che non sembrano avere all’apparenza nulla in comune come, per esempio, un manager aziendale e Winston Churchill, dispongono di hard skills molto diverse ma sono accomunati da soft skills davvero simili come:

  • Capacità di leadership;
  • Capacità nella risoluzione dei problemi;
  • Gestione dei conflitti;
  • Comunicazione e negoziazione;
  • Etica, organizzazione e flessibilità;
  • Fiducia in sé stessi;
  • Intraprendenza;
  • Problem solving.

Appare chiaro, dunque, come queste caratteristiche abbiano poco a che vedere con una comprovata formazione accademica, quanto piuttosto con una spiccata capacità di lavorare al cesello sulla propria figura, in chiave personale, emotiva ed empatica.

Non fraintendermi: non sto dicendo che dovresti invitare i tuoi clienti nel tuo ufficio, sedere alla scrivania come fossi tornato da una notte brava in discoteca, con la camicia sgualcita e gli occhi iniettati di sangue. Non dovrai evitare di parlargli di lavoro, pianificazione e strategie, lanciandoti nel racconto di aneddoti bizzarri o barzellette.

Ciò che dovresti fare, invece, è curare la relazione con i tuoi clienti, in modo personale e personalizzato. Dovrai essere il loro punto di riferimento, un faro nel mare in tempesta.

Tuttavia dovrai anche essere bravo a canalizzare le loro emozioni, soprattutto quelle negative, come la paura per i loro investimenti in chiave imprenditoriale.

Ricorda: molto di quello che ci attrae di una persona o di un professionista, poco ha a che fare con il suo curriculum vitae, bellamente affisso a una parete nel suo ufficio. Molto spesso sono proprio le qualità personali di un individuo a impressionarci. Soprattutto la sua predisposizione a tessere rapporti interpersonali, anche se in un contesto professionale e “serioso”.

Ciò che ci piace delle persone, tendenzialmente, è il loro modo di affrontare un problema, la posizione che prendono rispetto a esso e l’energia e la passione che infondono in tutte le azioni che rendono caratteristico il loro ruolo.

Pensaci: Churchill amava fumare continuamente sigari e bere whisky. Lo faceva a qualsiasi ora del giorno e della notte. Se guardi un film sulla sua vita, noterai davvero che l’uno e gli altri erano il prolungamento naturale delle sue braccia.

Pensa se, per ogni incontro politico, avesse offerto un po’ dei suoi amati sigari a chi non sposava la sua visione politica!

Probabilmente, ma è solo un’ipotesi, avrebbe avuto molti più seguaci di quanti ne ha avuti effettivamente…

Insomma, dove spesso non arrivano le hard skills, intervengono le soft skills. Queste due dimensioni dovrebbero viaggiare di pari passo per creare un’esperienza positiva per i tuoi clienti, in qualsiasi fase del vostro rapporto.

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Un abbraccio,

Enrico Florentino.

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